sabato 13 agosto 2011

Contro le province

Di Marco del Ciello.

I provvedimenti annunciati dal Governo proprio in queste ore hanno riaperto un dibattito antico quanto la Repubblica. Risale infatti addirittura alla Costituente il primo confronto pubblico sull'opportunità di abolire le province. Vedremo se, almeno questa volta, alle parole seguiranno anche i fatti, ma vale la pena di ricapitolare i motivi per cui le province andrebbero non solo diminuite nel numero, come si propone il Governo, ma proprio eliminate.

Tutte le funzioni attualmente affidate alle province potrebbero essere svolte in modo più efficiente o dalle regioni o dai comuni: le regioni infatti hanno le dimensioni (e le conseguenti risorse) per affrontare i problemi più complessi, mentre i comuni hanno la sensibilità e la vicinanza necessarie per risolvere le questioni più minute. Ci sono due casi in cui i comuni non sono in grado di svolgere al meglio le loro funzioni e alle province tocca ricoprire un ruolo di supplenza: quando sono troppo grandi oppure quando sono troppi piccoli. Nel primo caso il nostro ordinamento prevede già due soluzioni complementari: le aree metropolitane per coordinare le attività con i più piccoli comuni limitrofi; le circoscrizioni, o municipi, per mantenere un rapporto diretto con i cittadini. Nel secondo caso la strada maestra da seguire è quella di accorpare i comuni più piccoli fino a raggiungere la massa critica necessaria; una strada che è già stata sperimentata con buoni risultati in Lombardia, la regione che più soffre di questo particolare problema.

Il costo monetario che le province impongono ai cittadini italiani è trascurabile, se rapportato alle dimensioni complessive del bilancio dello Stato, e si riduce in buona sostanza a stipendi e gettoni di presenza di assessori e consiglieri. Si stima che si collochi tra uno e due miliardi di euro all'anno. Lo stesso discorso non vale, però, per i costi decisionali, ovvero la burocrazia. Attualmente, ogni volta che deve essere presa una decisione che interessi un territorio appena più ampio di quello del singolo comune, devono essere coinvolte nel processo decisionale non solo la regione competente, ma anche la o le province che su quel territorio esercitano la propria giurisdizione. Il che si traduce in votazioni che devono avere luogo anche nelle giunte e nei consigli provinciali, oltre che in quelle comunali e regionali, con tutto ciò che ne consegue in termini di tempi e di ritardi sull'approvazione dei provvedimenti. E soprattutto con la difficoltà per il cittadino di attribuire correttamente le responsabilità ai politici coinvolti, per sapere anche chi punire e chi premiare al momento del voto. Si vedano, ad esempio, i casi dell'alta velocità ferroviaria in Val di Susa o della gestione dei rifiuti a Napoli, dove rimane oscura la distribuzione delle competenze.

In definitiva, possiamo sintetizzare così i principali vantaggi dell'abolizione delle province: significativa riduzione del numero di persone che vivono di politica; meno burocrazia; decisioni politiche più rapide; maggiore trasparenza nel processo decisionale.

www.radicalisenzafissadimora.org

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