martedì 16 agosto 2011

I nodi al pettine

Di Giulia Cortese.

L'Italia, e più in generale l'Europa, sta attraversando tempi durissimi. La crisi attuale è paragonabile alla ben nota catastrofe del 1929, del crollo di Wall Street. Come siamo arrivati a questo punto? Non è più tanto importante stabilire se è nata prima la gallina o prima l’uovo, se cioè la colpa dell’attuale declino del sistema-Italia sia attribuibile alla sola classe politica, o coinvolga strati molto più ampi del paese. Quello che sembra certo è che la classe politica debba ora tentare un recupero di credibilità 'in extremis', una di quelle operazioni che innescano, nei pubblici e privati quel 'circolo virtuoso' di cui abbiamo disperatamente bisogno.

Il governo italiano è costretto ad agire in tempi rapidissimi, eppure anche di questi tempi assistiamo a degli 'spettacoli' che di certo non sono un modo per risolvere i nostri guai. Continuano ad arrivare sia a livello del governo locale, che del governo centrale, segnali fortemente negativi, e si moltiplicano le denunce di abusi, sprechi e clientele. Da sessant'anni, ossia da quando è nata la Repubblica italiana, il Parlamento ha inoltre manifestato una fama incessante di sedi, aggregati, dépendance, e sfoghi edilizi in cui collocare le sue propaggini. Secondo la Confindustria, una politica 'costosa e senza progetto', affidata a 179 mila eletti, costa ai cittadini 4 miliardi di euro l'anno. Seppure coscienti del discredito che li avvolge, i nostri politici evitano di auto-correggersi. Tanti autorevoli esponenti della politica hanno protestato contro i privilegi e gli sprechi, e lo hanno fatto anche svariate volte. In passato la predicazione è sempre rimasta tale, non si è certo tradotta in misure rigorose. I numerosi sforzi già compiuti per indurre la politica a essere più sobria, ad alleviare gli oneri che essa scarica sui cittadini, a rendere più trasparente il modo in cui viene gestito il denaro dei contribuenti, non hanno ottenuto risultati rilevanti. C'è stata magari qualche leggera sforbiciata temporanea, tanto per alleviare il malcontento diffuso, ma nulla più di questo.

L'impressione è che i 'marpioni della politica' si apprestino, ancora una volta, a star buoni per un po'. Ma per quanto, ancora? Quanto a noi cittadini italiani, saremo tutti costretti a subire tagli di deduzioni, detrazioni e sconti fiscali previsti per il 2013 e 2014. Una famiglia media potrebbe ritrovarsi a dover pagare mille euro di tasse in più in due anni. Ironia della sorte? Nel '94 Silvio Berlusconi, leader del PdL, ha combattuto la sua campagna elettorale sulla base di un programma che prometteva di abbassare il carico fiscale. Cosa si sia fatto poi di queste promesse non si sa. Tutto questo di cui si è detto pone a chi oggi deve chiedere sacrifici agli italiani un obbligo morale: chi chiede sacrifici ai cittadini, qualche sacrificio dovrà farlo pure lui. Questo per dimostrare di voler dare davvero un taglio a una condotta che appare sempre più insopportabile e ingestibile per le casse dello stato. Vale per il Palazzo, lo stato centrale, gli enti locali. Serve davvero una svolta, perché i cittadini non perdano del tutto la fiducia nelle Istituzioni.

Oggi come oggi l'Italia non si può certo permettere quello sperpero di denaro pubblico che c'è stato sotto i nostri occhi finora, e la diffusa tendenza a escludere l'entrata dei giovani dalle professioni da parte di caste professionali, le quali difendono con forza le loro rendite di posizione. Se in passato si fossero fatte quelle liberalizzazioni necessarie per lo sviluppo economico del paese, ora non sarebbe necessaria questa deriva statalista. Si è dormito troppo a lungo, si è aspettato che la situazione degenerasse prima di reagire. Il fatto è che notoriamente in Italia pagano sempre i soliti noti, ovvero la categoria a reddito fisso, mentre a farla franca sono moltissimi autonomi e più in generale, chi usufruisce di rendite finanziarie. L'unica alternativa alla cosiddetta 'macelleria sociale' sembra essere una qualche forma di patrimoniale, ancora da definirsi. Questo per evitare che venga unicamente penalizzata la piccola e media borghesia a reddito fisso.

Quanto alle tasse, una volta passata la bufera, più che un aumento è necessaria una drastica riduzione. Sarebbe un modo per affamare la bestia politico-burocratica, causa principale del malessere del nostro paese.

www.radicalisenzafissadimora.org

1 commento:

  1. Brava Giulia, la soluzione al problema del gigantesco debito pubblico non è quella, miope, di aumentare la pressione fiscale (andando peraltro in controtendenza alle promesse dei sedicenti liberali di questo esecutivo), ma di ridare slancio all'economia. Quindi tagli agli Enti inutili, parcheggio di tromabti della politica e di burocrati ultra stipendiati, alleggerimento del fisco e sfoltimento della burocrazia. In Italia, lo Stato Canaglia rende la vita (imprenditoriale e privata, intima, come la scelta della propria fine) un inferno.

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