Da Scarcerare la società.
È precisamente qui che che il tema tanto in voga dell'inserimento della prigione nella città trova il suo limite: questa magra utopia si scontra con l'ostacolo dell'immobilità programmata dell'istituzione penitenziaria e con la costanza dei discorsi securitari, il cui effetto è di preservare all'infinito la condizione di «mondo a parte» del carcere, il suo statuto d'eccezione. Lo sforzo di quella parte illuminata della società che persevera nel tentativo di fare evolvere la condizione penitenziaria si scontra con l'opposizione di principio a ogni progetto di riforma proveniente dal bunker dei sindacati degli operatori penitenziari. In un gioco abbastanza perverso, l'argomento dell'immobilismo da parte del personale penitenziario serve a fondare la perpetuazione del realismo securitario a spese della fantasticheria su quella «banalizzazione» della prigione che ne renderebbe possibile il suo inserimento nella città. Del resto, sottolinea Claude Lucas, è difficile supporre che il progetto d'inserimento dell'istituzione penitenziaria potrebbe avere successo «quando si sa che la maggioranza della sua popolazione [i detenuti] non realizzerà mai il proprio». Il carcere, che lui chiama «la città dei rifiuti», non può che restare assolutamente eterogeneo alla città degli uomini. La questione dell'inserimento del carcere nella città è un falso problema: nella migliore delle ipotesi una generosa illusione, nella peggiore uno slogan demagogico. Opponiamoli la sola prospettiva storica che abbia valore: scarcerare la società.
www.radicalisenzafissadimora.org
Nessun commento:
Posta un commento