domenica 11 marzo 2012

La scienza umiliata in Italia

Di Gilberto Corbellini.
Da Perché gli scienziati non sono pericolosi.

Per capire meglio cosa sta accadendo sarebbe necessario partire dagli anni Sessanta, quando alcuni scienziati e manager della scienza, come Gilberto Bernardini, Edoardo Amaldi, Domenico Marotta, Adriano Buzzati-Traverso e Felice Ippolito tentarono di introdurre anche in Italia criteri più liberali nel governo politico della scienza, basati su autonomia e valutazione di merito delle capacità e dei risultati. In pratica, prendendo a esempio le esperienze in corso nel mondo anglosassone e soprattutto negli Stati Uniti, cercarono di creare le condizioni per sottrarre il sistema della ricerca alle logiche clientelari della politica. Di fatto la loro azione venne repressa, anche attraverso un uso politico della giustizia, che portò in carcere Ippolito e Marotta con accuse strumentali. Di conseguenza, il sistema della ricerca si sviluppò in modo sempre più condizionato, attraverso un'elargizione dei finanziamenti dipendente soprattutto da affiliazioni e protezioni politiche. Il risultato è stato un'asfissiante politicizzazione della scienza italiana, con la formazione di aggregazioni accademiche che grazie alle protezioni accumulavano potere e quindi controllavano in modo clientelare i concorsi. Di fatto, i partiti politici promuovevano o aiutavano gli scienziati sulla base soprattutto dell'appartenenza, e quindi della corrispondenza di un'idea politico-culturale della scienza, piuttosto che delle competenze. Per cui gli scienziati e la scienza interessavano ai politici solo in funzione della possibilità di nascondere scelte puramente demagogiche dietro la pseudoautorevolezza di qualche personaggio che solo per titolo di studio e impiego poteva e può essere definito scienziato.

www.radicalisenzafissadimora.org

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