Di Giulia Cortese.
Decine di eccellenti laureati, potenziali professionisti che potrebbero contribuire a uno sviluppo economico e sociale del paese, restano tagliati fuori dal mercato del lavoro, da un lato a causa della crisi, dall'altro della clausura e dell'immobilismo degli ordini professionali. Gli ordini professionali italiani sono bloccati, chiusi in se stessi, non fanno gli interessi dei consumatori. La cosa più grave, però, è che la probabilità di superare l'esame per accedere ai vari ordini non dipende esclusivamente dalle qualità del candidato, ma soprattutto da altro. Basti pensare che, secondo alcune statistiche, aspiranti commercialisti veneziani hanno il 92% di probabilità di essere bocciati all'esame, mentre aspiranti commercialisti catanesi possono anche stappare lo spumante: sotto l'Etna non bocciano nessuno. Questo pare dimostrare quanto scriveva Indro Montanelli: così come sono servono solo a 'difendere le mafie di interessi corporativi'. Sarà veramente difficile che vengano aperte le professioni a noi giovani, se gli Ordini continuano ad inserire nelle commissioni d'esame (quelle che decidono chi si può iscrivere agli albi) persone che esercitano le professioni e che hanno tutto da perdere all'entrata di professionisti più bravi e più competenti di loro. Sappiamo che in Italia la parola 'merito' è abusatissima, ma la cosa che incuriosisce è che la sua valorizzazione, a quanto pare, dipende dall'area geografica. A tal punto mi sorge una domanda, anzi due: tutti i geni di una determinata professione nascono in una zona e tutti i somari dall'altra? I voti dipendono dalla bravura dei candidati o dal capriccio e dalle chiusure delle commissioni?
Proprio sulla questione delle liberalizzazioni, ultimamente, sono nate aspre polemiche. Vi era un provvedimento economico, in discussione al Senato, in cui si parlava della liberalizzazione delle professioni e si faceva riferimento all'abolizione di alcuni ordini professionali, in particolare quelli per avvocati e notai. L'articolo della manovra, il 39-bis, avrebbe irritato molti avvocati-Senatori e deputati del PdL, i quali hanno avviato una raccolta-firme alla Camera per protestare contro questa norma. Secondo alcune fonti parlamentari vicino al PdL, il numero di firme consegnate a Palazzo Madama sarebbe già un'ottantina, tanto che la maggioranza è stata costretta ad un dietrofront sull'emendamento. I firmatari, infatti, minacciavano di non votare la manovra qualora non fosse stato cambiato l'articolo in questione. Secondo Raffaele Fitto, ministro per i Rapporti con le regioni, sarebbe già stata raggiunta un'intesa tra maggioranza e governo sull'emendamento.
Sul tema delle liberalizzazioni ha mostrato un parere diverso Antonio Di Pietro, leader dell'IdV, il quale ha dichiarato di preferire che venga data una possibilità anche ai giovani avvocati di far carriera e di 'potersi misurare senza dover necessariamente passare attraverso l'imbuto di studi legali blasonati, che diventano importanti solo per le parcelle esose che fanno, piuttosto che per la loro abilità e bravura nel seguire i propri clienti'. Parere che, a mio avviso, è il più liberale tra tutti quelli che sono stati espressi finora. Ma l'Italia, si sa, non è un paese per liberali...
www.radicalisenzafissadimora.org
Nessun commento:
Posta un commento