domenica 29 giugno 2014

Riforma della giustizia? Nossignore!


Nella riunione del Consiglio dei ministri di lunedi si sarebbe dovuto parlare di riforma della giustizia; di intercettazioni, di responsabilità civile dei magistrati  e di un’Alta corte di disciplina.
Non sembra fosse prevista la discussione sul ripristino della legalità nelle carceri. Difficile che si voglia sintonizzare la responsabilità civile del magistrato con quella (diretta) decisa all'ottanta per cento  dal popolo sovrano con un referendum e, recentemente recuperata con un voto stravagante sull’emendamento Pini alla Camera.

Comunque l’Associazione Nazionale Magistrati è intervenuta sulla questione
Il suo presidente Rodolfo Sabelli, dopo un incontro con il ministro di Giustizia Andrea Orlando, ha rilasciato alla “Repubblica” un’intervista nella quale ha fissato “paletti”, limiti e “principi per i quali i magistrati sono pronti a battersi”.

Il Governo, con tutta probabilità, ascolterà soltanto le linee guida proposte dal ministro Orlando.
   
E le intercettazioni? Nessuno ha in animo di limitarle.  
Altre sono le preoccupazioni il presidente dell’Anm.

Sulla questione, prendiamo a prestito le parole di Massimo Bordin (il FOGLIO – 28 giu):

“Quello che preoccupa  non è l’utilizzazione investigativa delle intercettazioni ma la loro diffusione mediatica, che non deve venire meno. Occorre continuare ad inzeppare i provvedimenti che aprono l’indagine con conversazioni intercettate, così che possano subito finire sui giornali e nei talk. Sabelli, non possiamo credere parlando seriamente, chiama tutto ciò “controllo diffuso sulla misura”. Provo ad applicarlo e, controllato il livello, approfitto della diffusione di questo giornale per dire che la misura è colma”.  

venerdì 27 giugno 2014

Pannella non paga in nero: condanna cancellata dalla Cassazione

26 giugno 2014       
Dichiarazione dell’avv. Giuseppe Rossodivita, difensore di Marco Pannella:
  
Nel dicembre del 2013 gran parte della stampa nazionale si occupò della vicenda della “segretaria di Pannella pagata in nero” e della condanna della Corte d’Appello di Roma che riconosceva alla sig.ra Giuseppina Torrielli, tra sorte (circa 70.000 euro) interessi e rivalutazione monetaria la somma di circa 250.000 Euro per la quale la sig.ra Torrielli aveva detto di voler dare il via ai pignoramenti contro Pannella.
All’epoca furono dette e scritte molte cose inesatte, tra le quali quella per cui Pannella avrebbe per anni pagato in nero la sua segretaria, o che non le avrebbe pagato i contributi, o ancora che la sentenza era definitiva.

Per le molte amenità – la Torrielli non era la segretaria di Pannella, ma una delle diverse collaboratrici del Gruppo Parlamentare Radicale presieduto nel corso degli anni anche da Francesco Rutelli e Peppino Calderisi, la domanda giudiziale della Torrielli mirava semplicemente ad ottenere un diverso inquadramento giuridico del rapporto di lavoro, non vi sono mai stati pagamenti né rapporti di lavoro in nero, la Corte non aveva condannato Pannella al pagamento dei contributi sempre regolarmente corrisposti - Pannella ha proposto querela, tra gli altri, contro sei testate giornalistiche e i procedimenti penali sono pendenti in fase di indagine.

Nel frattempo, grazie al lavoro del collega giuslavorista Avv. Giudo Conti, la Corte di Cassazione, con sentenza n. 12817/14 del 13 marzo 2014, comunicata in data di ieri, ha annullato la sentenza della Corte d’Appello, rinviando ad altra sezione della Corte d’Appello di Roma per nuovo esame.

Deontologia professionale e onestà intellettuale vorrebbero che tutta quella stampa che all’epoca accorse in massa, pur di infangare il nome e l’immagine di Pannella, a sentire la versione veicolata dalla Torrielli, confezionando titoli scandalistici e scandalizzati basati su notizie in gran parte non vere e non verificate, seppur facilmente verificabili, rendesse noto oggi ai lettori che quella condanna era sbagliata ed ingiusta, che quella condanna non c’è più, è stata annullata dalla Corte di Cassazione.
Vedremo, anche se sappiamo che deontologia professionale e onestà intellettuale son merce rara nel panorama editoriale italiano.


 http://www.radicali.it/comunicati/20140626/corte-cassazione-annulla-condanna-pannella-pagare-250000-euro-alla-sigra-giusepp#sthash.qZZf2T4b.dpuf

giovedì 26 giugno 2014

Guerra alla droga: un crimine politico che deve finire.

È ora di parlare di droghe. Se anche tu vuoi che dal 26 giugno si inizi a parlare finalmente di droghe, firma l'appello.


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ll 26 giugno si celebra la giornata mondiale per la lotta alla droga.
Una guerra persa, sotto gli occhi di tutti e sulla pelle di troppi.
Per questo è ora di parlare di droghe.
Decenni di proibizionismo sulle sostanze stupefacenti hanno fatto aumentare la produzione, i traffici, i consumatori. E i profitti delle organizzazioni criminali.
Solo in Italia il giro d'affari della narcomafie è stimato intorno ai 25 miliardi euro. Le droghe sono il bancomat della criminalità in tutto il mondo. Circolano ovunque, dalle scuole alle carceri. Le Nazioni Unite confermano di anno in anno che il fenomeno non diminuisce. Anzi.

La guerra alla droga ha consegnato quello che dovrebbe essere un problema socio-sanitario al diritto penale, facendolo diventare una questione di ordine pubblico e, in certi casi, di sicurezza nazionale.
Ben 33 paesi prevedono addirittura la pena di morte per reati connessi alle droghe. Solo in Iran nel 2013 sono state 328 le persone giustiziate per questo, mentre nel mondo “democratico” un detenuto su quattro è in carcere per reati legati alle sostanze stupefacenti. Reati che non fanno vittime.
La proibizione sulle piante e le sostanze psicoattive derivate ha anche imposto enormi limitazioni alle ricerca scientifica pura e a quella applicata allo sviluppo di nuove terapie per decine di malattie, bloccando il progresso della scienza con danni gravissimi per la salute di milioni di persone.

Per questo ci appelliamo al governo, al parlamento e ai media affinché parlino di droghe. Chediamo che il tema venga affrontato in modo non ideologico, con dati ufficiali ed evidenze scientifiche. Con le esperienze positive in atto in altri paesi e includendo le analisi di politici, economisti, giuristi ed esperti nazionali e internazionali che denunciano il fallimento del proibizionismo e propongono possibili alternative radicali.

L'ex segretario delle Nazioni Unite Kofi Annan, l'ex commissario europeo Javier Solana, gli ex presidenti della Colombia, César Gaviria, del Messico, Ernesto Zedillo, del Brasile, Fernando Henrique Cardoso, del Cile, Ricardo Lagos, del Portogallo, Jorge Sampaio e della Svizzera, Ruth Dreifuss con la loro Global Commission chiedono al mondo la nostra stessa cosa, anche in vista di una sessione speciale dell'Assemblea generale delle Nazioni unite prevista per il 2016.

Se anche tu vuoi che dal 26 giugno si inizi a parlare finalmente di droghe, firma e condivi questo appello!
 http://www.radicalparty.org

mercoledì 25 giugno 2014

Radical nonviolent news

  # 24 del 24 giugno 2014
"La vita del Diritto 
per il Diritto alla vita"

Marco Perduca 
ll 26 giugno si celebra la giornata mondiale per la lotta alla droga. Non c'è un paese al mondo che possa vantarsi d'aver vinto la "guerra alla droga" con leggi e politiche... [SEGUE]

Gianluca Eramo 
In occasione della 26ma Sessione del Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, a Ginevra, Non c’è Pace Senza Giustizia e il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e... [SEGUE]

Matteo Angioli 
Il 18 giugno il conservatore e decano della Camera dei Comuni Sir Peter Tapsel (classe 1930), durante il question time al Primo Ministro David Cameron, ha detto che Tony Blair dovrebbe essere messo... [SEGUE]

Laura Harth 
"Anziché vaghi accordi di partnership, l'UE starebbe meglio se avanzasse una proposta semplice e chiara: se Israele e Palestina trovassero un pieno accordo di pace conclusivo,... [SEGUE]

Umberto Gambini 
Il 18 giugno il bureau politico del Partito regionalista fiammingo (NvA) del controverso leader, ora anche "formateur" incaricato di formare un nuovo governo in Belgio, Bart De Wever, ha... [SEGUE]

Luca Viscardi
E’ uscito anche in Italia il libro “No place to hide. Edward Snowden e la sorveglianza di massa” di Glenn Greenwald, giornalista indipendente vincitore del premio Pulitzer. Il... [SEGUE]

Marco Beltrandi
La correlazione tra esposizione mediatica (numero consentito di ascolti delle diverse presenze nei TG) e risultato elettorale costituisce un dato tutto da interpretare e che sul piano scientifico pu... [SEGUE]
   
 Il 23 giugno i radicali, tra cui Marco Pannella,
hanno partecipato alla veglia  organizzata dalla
comunità ebraica al portico d'Ottavia per
chiedere la liberazione di tre sedicenni ebrei:
Eyal,Gil-ad e Naftali,
rapiti in Israele il 12 giugno.

lunedì 23 giugno 2014

Siamo tutti meno liberi: chiuso il Centro di Ascolto

Mostrava  quello  che radio e televisione decidono di far vedere e sentire agli italiani. 
Come questo influisce su quello che penseranno.  
E voteranno.

Vedi:


Il comunicato di Gianni Betto, direttore del Centro d’Ascolto dell’informazione radiotelevisiva:

“Dalla scorsa settimana, precisamente del 13 giugno, il Centro di Ascolto dell'informazione radiotelevisiva
 - dopo 35 anni - ha cessato le proprie attività. E’ chiuso; non ha più i suoi dipendenti, non ha più i suoi collaboratori, non produce più dati e analisi aggiornate sullo stato della televisione italiana.

Il lavoro di monitoraggio dell'informazione televisiva, se fatto bene, è un lavoro costoso. E’ una di quelle attività dove la professionalità e la competenza delle persone è fondamentale e dove il supporto delle tecnologie è limitato soltanto ad alcuni aspetti tecnici.

Il Centro di Ascolto chiude per assenza di mercato o meglio, per lo scarso interesse che politica e istituzioni hanno sempre dimostrato, e avuto, verso un tema delicato, troppo delicato: la conoscenza dei cittadini, la democrazia, la libertà.

Nel mercato che non esiste vivono quattro o cinque grandi operatori, che ruotano sostanzialmente attorno a due grandi clienti: la Rai e l'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni.
Nel mercato che non esiste, bene che vada, vince chi ha i migliori rapporti con il cliente (la politica) o chi fa il prezzo più basso rispetto ai concorrenti a scapito della qualità del lavoro o di chi lo deve realizzare.

Se si rimane nella legalità i dipendenti devono essere pagati, retribuiti secondo le leggi materia di lavoro.
Se si rimane nella legalità non si può utilizzare il lavoro nero, non si possono utilizzare studenti universitari sottopagati o a titolo gratuito. Se il regime controlla e gestisce l'informazione trasmessa al cittadino italiano,  che interesse ci può essere a mantenere in vita chi tale controllo lo dimostra da anni?” 



Corruzione: la politica gronda vendicatori e purificatori, i magistrati si occupano delle questioni di Governo.

Poco più di una settimana fa – mentre il Presidente del Consiglio minacciava sfracelli  (Via i corrotti! A calci nel sedere!!) e nuove gride – il Procuratore aggiunto di Venezia, Carlo Nordio consigliava di ridurre le leggi (e, paradossalmente, anche le pene). Di semplificare leggi e procedure e: “renderle più chiare e più trasparenti in modo che chi partecipa a una gara pubblica sappia a chi si deve rivolgere, quali sono le autorità che sono responsabili. Autorità che devono essere poche” e, raccomandava la strada della prevenzione (timidamente aperta dalla legge 6 nov 2012 n° 190)
.
Aggiungiamo a quanto appena riportato, le parole di Bruno Giangiacomo, Pres. Aggiunto della Sezione  G.I.P. presso il Tribunale di Bologna, che ha richiamato “I problemi, recentemente evidenziati dalla sentenza Sezioni unite della Suprema Corte di Cassazione, della “induzione indebita”: quella che un tempo era la vittima di concussioni può divenire coautore nella corruzione.  Si investe il privato di un obbligo di fedeltà che la Costituzione attribuisce al solo pubblico agente” (…)  “Trasformare quella che era la vittima in un correo ha praticamente precluso molte possibilità di denuncia dei fatti, perché la vittima può denunciare senza problemi ma se poi io divento invece correo sarò tendente a non  investire l’autorità giudiziaria“.  Ancora una volta il legislatore scarica un po’ troppo aspetti interpretativi sul giudice.

Mentre la politica gronda di vendicatori, ramazzatori e bonificatori della casa nella quale sono cresciuti e hanno prosperato, sono i magistrati ad occuparsi delle questioni del Governo.
 
Si può solo sperare che, prima o poi, il Governo prenderà in considerazione i consigli sopra riportati.
Che cominci a rendersi finalmente conto che sono le (buone) regole che fanno della corruzione l’eccezione e non la regola.
http://www.cortedicassazione.it/Notizie/GiurisprudenzaPenale/SezioniUnite/SchedaNews.asp?ID=1989

domenica 22 giugno 2014

Aborto: gli errori di Menapace e gli effetti della 194

In un articolo relativo alla fecondazione assistita e alla donazione di gameti esterni alla coppia, Lidia Menapace (Il manifesto, 17 giu pag. 15: “L’alfabeto democratico. Senso e controsenso tra le parole e le cose”) afferma che, se fosse passato il referendum dei radicali in materia, “le poveracce avrebbero potuto continuare ad avere l’aborto delle mammane”.

Oggi i radicali sono cancellati dalla scena politica anche perché i comunisti, che si vergognano di chiamarsi ancora con il loro nome, hanno preso a chiamarsi sinistra antagonista, sinistra radicale o, semplicemente, radicali (onore quindi a “il manifesto” che continua a definirsi “quotidiano comunista” e che dà persino voce ai radicali doc).
Occorre perciò cercare di ricordare come andarono veramente le cose e perché, quindi, Menapace ricorda male.

I radicali sono da tutti riconosciuti  (allora si, che eravate bravi!) come i protagonisti delle lotte degli anni ’70 per i diritti civili: divorzio, aborto, obiezione di coscienza al servizio militare, diritti dei/delle transessuali, legalizzazione delle droghe, voto ai diciottenni. Furono queste campagne radicali di quegli anni a indicare l’alternativa liberale al regime partitocratico e a quelli che, nelle piazze, inneggiavano al potere che nasce dalla canna del fucile e che poi insanguinarono gli anni di piombo.

Appena conquistato agli italiani, nel 1974, l’istituto del divorzio, il Partito Radicale di Marco Pannella (con il Movimento Liberazione della Donna e il Cisa) decide di lottare per eliminare il reato di aborto. Comincia così una campagna di disobbedienza civile praticando pubblicamente e a titolo praticamente gratuito, aborti (in un anno saranno 10.141) nelle proprie sedi e consultori e, poi, autodenunciandosi. Ai radicali risultava intollerabile che uno Stato trasformasse in delitto penale “contro l’integrità e la sanità della stirpe” ciò che per la religione allora di Stato, era peccato (rovesciando altra sofferenza sulla sofferenza di quei due milioni di donne che - sole o con il conforto del proprio consorte - avevano comunque deciso di porre fine alla gravidanza).

Nel 1975, il segretario del partito Gianfranco Spadaccia viene arrestato (stessa sorte toccherà successivamente ad Adele Faccio e Emma Bonino). Il 18 febbraio la Corte Costituzionale dichiara parzialmente illegittima la norma penale che punisce il reato di procurato aborto. Il 15 aprile i radicali cominciano la raccolta (a fine campagna le firme, regolarmente autenticate, saranno 750.000) per un referendum, tra altri, che cancellasse quella legge.

La campagna raccoglie il consenso popolare e della stampa “progressista” ma le dimissioni del deputato socialista Loris Fortuna (compagno di lotta dei radicali già per l’introduzione del divorzio) denunciano il compromesso Dc – Pci. Compromesso che puntualmente approda in Parlamento (dopo che le elezioni anticipate del 1976 avevano impedito la celebrazione, nella primavera di quell’anno, del referendum) con l’approvazione, nel 1978, della legge 194: “Norme per la tutela sociale della maternità e sull’interruzione volontaria della gravidanza”.

I 4 radicali entrati in Parlamento nel 1976, votano contro: troppe erano le restrizioni di quella legge.

E’ proprio per cancellare quelle restrizioni, che il movimento radicale propone nuovamente un referendum (mentre, contemporaneamente, il Movimento per la Vita ne proponeva due che andavano nella direzione opposta). Referendum che si tiene il 17 maggio 1981, e che ottiene soltanto l’11,6% di SI, contro l’88,4% di NO. Battuto ancora una volta dallo schieramento che lo aveva battuto tre anni prima, e dal popolo convinto dalla martellante propaganda in difesa della 194, infarcita di argomentazioni come quelle che Lidia Menapace ripete oggi.

Durante la raccolta firme, Marco Pannella ricordava: “La nostra posizione di fondo è sempre stata quella della depenalizzazione dell’aborto, non della regolamentazione di Stato. I problemi dell’assistenza e della gratuità ne dovevano risultare come il logico, legale, corollario; inevitabile e necessario. Il gioco di costringere il solo aborto, fra tutti gli interventi sanitari, all’interno delle strutture pubbliche, e di rendere queste impraticabili attraverso l’obbligo all’obiezione di coscienza di massa in gran parte delle strutture ospedaliere, era troppo scoperto”. http://radicali.radicalparty.org/search_view.php?id=47049&lang=IT&cms


Poi vinse ancora il compromesso Dc-Pci.  Ma non le donne che, guarda caso, sono oggi alle prese con la dilagante obiezione di coscienza. 

sabato 21 giugno 2014

Carceri illegali: sparisce un documento, e l'Italia ottiene una proroga

C’è oggi una spiegazione per la proroga concessa dal Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa, che il 5 giugno aveva esaminato l’operato dell’Italia in relazione alla scadenza dell’ultimatum della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo.
L’Italia, condannata per i trattamenti inumani e degradanti inflitti ai prigionieri, avrebbe dovuto porvi fine. Lo chiedeva la Cedu, lo chiedeva il Presidente della Repubblica e la nostra Corte Costituzionale; lo chiedevano anche i radicali.
Il documento del Partito Radicale, preparato dall’avvocata Deborah Cianfanelli, dalla segretaria e dalla presidente di Radicali Italiani: Rita Bernardini e Laura Arconti, che documentava come l’Italia non si fosse adeguata alla sentenza e che denunciava i:
“numeri inventati dal governo sulle capienze regolamentari degli istituti penitenziari, deportazioni di massa di migliaia di detenuti, cure negate, condizioni strutturali degli edifici e igienico sanitarie disastrose, mancanza pressoché totale di attività tratta mentali quali studio e lavoro, impressionanti carenze di organico a tutti i livelli persino nei ruoli della magistratura di sorveglianza, percentuali elevatissime di detenuti in attesa di giudizio”
non era stato consegnato delle mani degli ambasciatori dei 47 Stati che, delegati dai rispettivi ministri dovevano decidere sulla questione.

Senza quel documento, l’unica voce che ha parlato è stata quella del Governo italiano che, come ha dichiarato lo stesso ministro di Giustizia, Orlando, è riuscito a metterci una pezza  e a portare a casa il riconoscimento: “dell’impegno che le autorità italiane hanno messo nel risolvere la questione del sovraffollamento carcerario e i risultati significativi già ottenuti attraverso l’introduzione di varie misure strutturali” introducendo persino: “entro i limiti di tempo imposti dalla sentenza Torreggiani, un rimedio preventivo”.
Tutto è rimandato alla riunione che il Comitato terrà nel giugno 2015.

I carcerati continueranno a patire trattamenti inumani e degradanti, l'Italia continuerà a pensare di essere uno Stato all’altezza della civiltà europea ed occidentale. Quanti sono coloro i quali sanno che non è vero? 

venerdì 20 giugno 2014

Malagiustizia (civile): Italia penultima nella UE e tra i 20 peggiori su 185 per la durata delle dispute commerciali

Radio Radicale ci informa sulla posizione dell'Italia nella classifica per l’efficienza della giustizia civile nella risoluzione di dispute commerciali.

Se andiamo poi a leggere il rapporto della Banca Mondiale: “Doing Business in Italy”, nel capitolo appunto dedicato alle dispute commerciali, a pag. 39 troviamo le seguenti considerazioni:  “L’attività dei tribunali è importante per gli imprenditori in quanto li supporta nell’interpretazione delle norme che disciplinano il mercato e nella tutela dei loro diritti di proprietà. Tribunali efficienti e trasparenti, inoltre, incoraggiano la costituzione di nuove relazioni commerciali perché gli imprenditori sanno di potervi contare in caso di mancato pagamento da parte di un nuovo cliente. La velocità dei processi, infine, è decisiva per le piccole imprese, dal momento che queste potrebbero non avere risorse sufficienti per mandare avanti la propria attività mentre sono in attesa dell’esito di un lungo contenzioso”. Pur avvertendo che la situazione è molto variegata, lo stesso rapporto ci informa inoltre che, grazie al campione della capitale Roma, luogo nel quale occorrono 1.210 per risolvere dispute commerciali, l’Italia “si posizioni tra i 20 peggiori Paesi tra i 185 analizzati” e che – nella U.E. – sia migliore soltanto della  Slovenia. , http://italian.doingbusiness.org/~/media/GIAWB/Doing%20Business/Documents/Subnational-Reports/DB13-Italia.pdf   
Marco Pannella, con il suo Satyagraha (forza della verità n.d.r.) chiede venga fatta luce sulle cause di questa situazione. E cita i dati del Rapporto Censis, presentato il 7 giugno scorso a Roma: “Gli investimenti diretti netti esteri nel nostro Paese sono stati pari a 12,4 miliardi di euro nel 2013. Rispetto al 2007, l’anno precedente alla inizio della crisi, un calo del 58%. Ciò si deve ad un “deficit reputazionale”, accumulato negli anni a causa di corruzione diffusa, scandali politici, pervasività della criminalità organizzata”.

Il presidente Eurispes, Gianmaria Fara (intervistato il 17 giu da Radio Radicale) rileva che: “Il nostro Paese è sempre meno appetibile. I capitali esteri tendono a dirigersi verso paesi più ospitali dove gli investimenti possono trovare una migliore collocazione” e confronta i dati dell’Italia (nel periodo 2012/2013 gli investimenti esteri si sono attestati intorno ai 9,6 mld di dollari) con quelli registrati nello stesso periodo da  Regno Unito, 62 mld; Spagna 27,7 mld e Francia 25 mld.   62. E conclude: “Il nostro paese viene, quasi a priori, scartato dagli investitori”. Possibili cause? Una burocrazia oppressiva e una giustizia civile lenta e pesante. La durata media contenziosi civili in Italia è di circa 493 giorni mentre in Francia un processo civile si conclude in 279.

E poi dice che Pannella esagera.

giovedì 19 giugno 2014

Radical Nonviolent News n° 23 del 17 giugno



  Il caso Politkovskaya non può dirsi chiuso
Nikolaj Khramov
Il 9 giugno 2014 il Tribunale della città di Mosca ha pronunciato il verdetto sul caso di omicidio di Anna Politkovskaja, la giornalista di Novaja Gazeta famosa per le sue inadagini sui... [SEGUE]

  Legge 40: il Governo dica adesso da che parte sta
Filomena Gallo  Marco Cappato
Questa settimana la Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo si riunirà per discutere il caso ‘Adele Parrillo contro Italia’, avente ad oggetto il divieto di... [SEGUE]

  Iran. Nessuno tocchi Caino presenta il libro "Una voce in capitolo" la storia del popolo dell'Iran,
di Esmail Mohades
Elisabetta Zamparutti
Mercoledì 18 giugno 2014 alle ore 18:00 in via di Torre Argentina, 76 a Roma, Nessuno tocchi Caino presenta il libro “UNA VOCE IN CAPITOLO”, La storia del popolo dell’Iran di... [SEGUE]

  Conferenza-dibattito a Roma sui rapporti Turchia-UE e presentazione alla stampa di «TURCHIA in EUROPA 2023»
Mariano Giustino
Giovedì, 26 giugno, si svolgeranno a Roma presso la sede del Partito radicale, dalle ore 15 alle 18, i lavori della conferenza sui rapporti Turchia-UE organizzata dalla rivista «Diritto... [SEGUE]

  Diritto alla conoscenza: l’Italia è un caso internazionale (4)
Marco Beltrandi
I telegiornali nazionali assegnano quote fisse, costanti ma diversificate, di tempi di parola ai diversi soggetti politici indipendentemente dall’attualità, quasi come se il “... [SEGUE]

  Elezioni nel mondo arabo
Domenico Letizia
Negli ultimi mesi Algeria, Libano, Iraq, Egitto e Siria, hanno tenuto o terranno importanti elezioni, con pochi segni di una significativa transizione democratica. L'appuntamento più... [SEGUE]

  Genocidio linguistico-culturale italiano: la salvezza comincia al MIUR il 18 giugno?
Giorgio Pagano
Dopo 41 giorni di sciopero della fame di Giorgio Pagano in auto di fronte al MIUR, il Ministro Giannini ha fissato alle 15 del 18 giugno l'incontro richiesto dall’ERA sulla politica... [SEGUE]


                     
ROMA, 17 GIUGNO1983: 31 ANNI FA IL PRESENTATORE TELEVISIVO, E IN SEGUITO DEPUTATO EUROPEO DEL PARTITO RADICALE, ENZO TORTORA VENIVA ARRESTATO PER TRAFFICO DI DROGA. UNO DEI CASI DI MALAGIUSTIZIA ITALIANA PIÙ TRISTEMENTE CELEBRI.


Notizie dal blog:
Diego Marmo, Pubblico Ministero che sostenne l'accusa contro Enzo Tortora in primo grado,
diviene oggi assessore alla legalitò del Comune di Pompei, con delega alla difesa del patrimonio ecologico e ambientale.


                     

mercoledì 18 giugno 2014

Tra i capi è tutto un parlarsi. Fuori dal Parlamento. E', sempre, partitocrazia.

Dopo il trionfo delle elezioni Europee “soprattutto in termini percentuali”  (che, comunque, egli riscuote l’esplicita fiducia di poco più del 20% degli aventi diritto al voto), il Presidente del Consiglio ha incassato nuove disponibilità al dialogo.
Beppe Grillo vuole dialogare, Matteo Salvini è disponibile. Con Silvio Berlusconi il dialogo sulle riforme è già avviato da tempo e può essere che il segretario PD lo incontri nuovamente. Per non parlare di Angelino Alfano con cui il dialogo è serrato.
Tutti si parlano. Rigorosamente fuori dal Parlamento.
Era questa la caratteristica di quello che, da Maranini in poi, i radicali hanno sempre chiamato Regime partitocratico: i capi partito si mettono d’accordo per poi imporre al Parlamento le proprie decisioni. Con buona pace dell’art. 67 della celebrata Costituzione della Repubblica italiana: “ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato". La porcata di Calderoli (la legge elettorale che il latinorum di regime definisce “Porcellum”) lo aveva sancito definitivamente: ogni membro delle Camere è, invece, dipendente del capo partito che lo ha nominato. Per questo la Corte Costituzionale ne ha imposto la riforma.
Oggi, però, ci siamo abituati.  Anche il movimento cinque stelle (che, per la verità è nato in odio alla democrazia rappresentativa) sembra adeguarsi.

L’Italia cambia verso? 

martedì 17 giugno 2014

Carceri illegali: continueremo a lottare per amnistia e indulto. I radicali rispondono a Mauro Palma

“Inappropriate” e “irrispettose della Corte, di chi soffre e di chi ha operato per un modello detentivo diverso”: così Mauro Palma - presidente della Commissione del Ministero della Giustizia per l'elaborazione degli interventi in materia penitenziaria - ha definito le dichiarazioni dei radicali dopo il pronunciamento del Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa che il 5 giugno 2014 ha valutato positivamente quanto fatto dall’Italia sulle condizioni di detenzione e, di conseguenza, rimandato a giugno 2015 la decisione definitiva sull'esecuzione della sentenza Torreggiani.
Cosa avevamo dichiarato? Che il Consiglio d’Europa aveva di fatto prorogato di un anno la tortura dei carcerati e che il Governo era in procinto di quantificarne il “prezzo”: 8€ per ogni giorno di disumanità e degrado patito. Infatti, pur essendo diminuita di settemila unità la popolazione detenuta, quei “trattamenti” non sono cessati come chiedevano la Corte EDU, la Corte Costituzionale e il Presidente della Repubblica. Anzi, per operare stoltamente nella direzione dei “tre metri quadri per tutti”, per combattere il sovraffollamento, il Governo Renzi ha aggiunto ulteriori violazioni di legge deportando come pacchi postali migliaia di detenuti in istituti lontani dai familiari. Autolesionismo, morti e suicidi fra detenuti e agenti lo dimostrano.
Se fossimo diversi da quello che siamo (cioè come gli altri), avremmo potuto rivendicare i settemila detenuti in meno come successo della lotta nonviolenta di Marco Pannella, dei radicali e delle migliaia di detenuti e loro familiari. Invece, consideriamo quello del 5 giugno un nostro insuccesso. Continueremo a lottare per amnistia e indulto, cioè per quel che è giusto: ci vuol pure qualcuno in Italia, in Europa e nel mondo che, come Marco Pannella, sappia denunciare, per rimuoverli, i segni del degrado democratico che porta con sé crimini considerati debellati.

Fecondazione assistita: appello a Matteo Renzi. Scelga se continuare a difendere la legge 40

Riportiamo il testo dell'appello della segretaria e dal tesoriere dell'associazione Luca Coscioni per la libertà della ricerca scientifica.
Europa
16 Giu 2014
Filomena Gallo, Marco Cappato

See more at: http://www.associazionelucacoscioni.it/rassegnastampa/appello-matteo-renzi-e-il-momento-di-scegliere-se-continuare-difendere-la-legge-40#sthash.XR3WNK3i.dpuf
Ill.mo Presidente del Consiglio, Matteo Renzi,
 Il 18 giugno dinanzi alla Grande Camera della Corte Europea dei Diritti dell'Uomo sarà trattato il caso ‘Adele Parrillo contro Italia’ avente ad oggetto il divieto di utilizzo per la ricerca di embrioni italiani non idonei per una gravidanza;  ci rivolgiamo a Lei affinché sia sventata, nei pochi giorni rimasti, la possibilità che l'Esecutivo da Lei presieduto si iscriva nella continuità della difesa, in Italia ed in Europa, di una legge violenta, anticostituzionale e impopolare.
Nel 2004 fu, infatti, emanata la legge 40 sulla Procreazione Medicalmente Assistita che ha costituito nel nostro ordinamento un atto di sottrazione di diritti a tante persone che chiedevano solo di avere una famiglia. Persone che avevano solo bisogno di superare problemi di salute con l’aiuto della medicina che consente la fecondazione medicalmente assistita. Dopo 10 anni, 30 procedimenti nei Tribunali italiani, in Corte Costituzionale, e Corte Europea dei Diritti dell’Uomo hanno eliminato la metà dei divieti che provammo a cancellare con il referendum del 2005, che vide il 25% degli italiani dire no alla legge 40, ma non bastò perché non si raggiunse il quorum. Pur potendo riproporre quei referendum, la strada scelta è stata diversa: i Tribunali, le piazze, il Parlamento. Tutti hanno risposto tranne il legislatore che ha voluto ignorare un problema evidenziato ogni volta con le relazioni al Parlamento: la legge 40 ha determinato danni alla salute delle donne e calo delle nascite. Lo scorso 9 aprile la Corte Costituzionale ha cancellato il divieto di fecondazione eterologa previsto dalla legge 40/2004, per illegittimità costituzionale. La decisione è stata pubblicata con la pronuncia n.162, che evidenzia che il divieto non ha fondamento Costituzionale e che non si crea vuoto normativo con la declaratoria d’incostituzionalità.
Questo divieto, per questi lunghi dieci anni, ha costretto migliaia di cittadini italiani a recarsi all’estero per effettuare la tecnica, con elevati costi economici e psicologici. Tutto questo si poteva evitare. Dopo dieci anni di diritti lesi, ADESSO è il momento di guardare avanti.
Come? Cancellando gli ultimi divieti rimasti della legge 40, e che tra poco saranno nuovamente al vaglio della Corte Costituzionale; emanando nuove Linee Guida, “eventualmente anche alla luce delle discipline stabilite in altri Paesi europei (quali, ad esempio, la Francia e il Regno Unito”; inserendo nei Lea (Livelli Essenziali di Assistenza),  riconoscendone il carattere di patologia, l'infertilità e la sterilità e cause connesse, a cui ora si può rispondere solo ricorrendo a tecniche di fecondazione ma con una grossa disparità regionale, creando nuove ed ulteriori discriminazioni.
C'è però una scadenza immediata, che assume le vesti di vera e propria priorità: il Governo deve decidere ora se ostinarsi a difendere - o, come noi auspichiamo, se finalmente contrastare- il divieto di ricerca sugli embrioni nel caso ‘Parrillo contro Italia’, che verrà discusso a Strasburgo il prossimo 18 giugno; e deve decidere se eliminare gli ultimi divieti della legge 40 prima che intervenga la Corte Costituzionale.
Le chiediamo che in materia di diritti delle persone non si rimandi più. 
Le chiediamo si affrontino, con questo, anche gli altri temi presenti nelle trame più intime della vita delle persone, le quali hanno il diritto di poter scegliere di avere una famiglia, con chi fare famiglia, come concepire se vi sono problemi di salute, come vivere, come essere liberi fino alla fine. Di questi temi deve parlare il Governo, deve discutere il Parlamento, ci si deve confrontare davanti all'opinione pubblica.
Le chiediamo  di scegliere da che parte stare, se lasciare il nostro Paese nella retroguardia europea delle libertà civili o se ridare speranza nel futuro dei diritti iniziando a superare la legge 40. 
Il tempo della scelta è adesso.
Filomena Gallo e Marco Cappato

sabato 14 giugno 2014

Corruzione - via Orsoni, Cantone commissario: servirà a qualcosa?

Mentre si dimette il Sindaco di Venezia Giorgio Orsoni e viene nominato commissario anti corruzione il magistrato Raffaele Cantone (“Commissariamenti e sanzioni” ha titolato il Corriere della sera) vale la pena di rileggere le parole dell’intervista rilasciata dal Procuratore Aggiunto di Venezia Carlo Nordio a Radio Radicale nei giorni scorsi:


"Il rischio che, ancora una volta, si devolva alla magistratura l’aspettativa di una sorta di palingenesi salvifica è un rischio reale (un rischio che peraltro io denuncio da quindici anni nei miei articoli e nei miei libri). Perché, se vi è un errore che non si deve assolutamente ripetere, anche se temo ci sia il rischio che si ripeta, è quello di incaricare la magistratura di fare pulizia e di cambiare i vizi della politica.
La nomina di un commissario straordinario che sia munito di poteri adeguati di controllo, in teoria può anche andare bene, e andrà bene di sicuro vista la caratura intellettuale e professionale della persona (il Dott. Cantone n.d.r.) ma questo conta molto poco nella lotta concreta contro la corruzione.

Il primo elemento della lotta alla corruzione è quello che De Gaulle chiamerebbe: “vasto programma”: bisognerebbe far capire ai cittadini che il rispetto delle regole, non solo è doveroso, non solo è etico, non solo è un obbligo giuridico ma è soprattutto utile. Noi vivremo molto meglio, economicamente, eticamente, socialmente, se tutti rispettassimo le regole (dalla regola più piccola, che quella di non sorpassare in curva, a quella più grande: di non rubare fondi pubblici; ma questo è un vasto programma che presuppone un’educazione civica che sarà necessario dare alle future generazioni.

Un programma invece concreto, che invece Governo e Parlamento sarebbero in grado di attuare subito a costo zero, anche risparmiando soldi, non è quello di confidare in nuove leggi penali che non serviranno assolutamente a nulla; non quello è di inasprire le pene, di cui i potenziali delinquenti si ridono, anche perché il nostro sistema processuale è così fasciato che queste pene non saranno mai applicata se non dopo processi lunghi, eterni.  Tra l’altro con il rischio di finire in una serie di prigioni per le quali l'Italia, giustamente, è stata richiamata all'ordine e che noi auspichiamo, io per primo, che vengano, in un certo senso, ridotte nella loro accoglienza attraverso opportuni provvedimenti di amnistia indulto o comunque di depenalizzazione. E questo lo dico perché è noto – l’ho già detto proprio con Marco Pannella nella vostra trasmissione – che io ritengo il carcere la extrema ratio della forma punitiva).
 
Quello che invece è necessario, l’ho e detto e lo ripeto, è che il Governo, il Parlamento, riduca le leggi: non le deve aumentare, le deve ridurre, le deve semplificare, deve renderle più chiare e più trasparenti in modo che chi partecipa a una gara pubblica sappia a chi si deve rivolgere, quali sono le autorità che sono responsabili. Autorità che devono essere poche (perché se lei deve bussare 100 porte è molto probabile, anzi è certo, che almeno uno di queste rimane chiusa finché non arriva qualcuno che le dice che deve ungerla attraverso delle, parola brutta, mazzette). Deve semplificare le procedure, deve renderle più snelle e - anche qui - più trasparenti.
Questa non è un'idea dell’ultimo arrivato tra i magistrati come il dottor Nordio. Tacito, 2.000 anni fa, l'ha detto con quella  tipica, icastica sintesi che avevano i romani: “Corruptussima Repubblica plurima leges” (più la Repubblica è corrotta e più leggi produce) e simmetricamente, più numerose sono le leggi, più la Repubblica è corrotta.
Quindi, se io dovessi dare un suggerimento al primo ministro, che è giustamente preoccupato di quanto sta accadendo (perchè anche lui è molto giovane e aveva vent'anni quando è scoppiata la prima Tangentopoli, forse meno, e quindi magari si lascia anche lui convincere dalla potenzialità dell'arma penale. Ecco, gli direi: “lasciate stare le pene, le leggi penali, i nuovi reati: lasciamoli perdere. Ci sono già. Le pene sono già stratosferiche”. Se uno per la corruzione continuata, una persona oggi rischia 15 anni di galera, che non sono pochi (anche se poi, magari se ne danno due e non ne sconta neanche uno - che non è colpa del legislatore semmai è con la magistratura giudicante che se la deve prendere), direi: “non fate nuove leggi, non fate nuove pene, non aumentate le pene, diminuite le pene, paradossalmente, ma rendetele più efficaci e concrete.
E soprattutto, prevenite il reato.

Ma il reato si previene soltanto nel modo che ho detto io prima, in questo settore almeno. La semplificazione delle procedure, l’individuazione seria e determinata delle competenze, i controlli preventivi fatti seriamente da poche persone nel caso che abbiamo noi a Venezia (questo dico perche l’avete scritto su tutti i giornali) è sufficiente leggere il numero di autorità che erano preposte al controllo per cui è facile capire che alla fine qualcuna di queste dovesse essere un intoppo che andava…..una porta che andava aperta soltanto oliandola. C’era la corte dei conti, c'era la Regione, la Provincia, il Comune, il Magistrato alle acque e via cantando così…. ecco dov’è il nocciolo della corruzione…..". 

venerdì 13 giugno 2014

Drogati i bilanci, legalizziamo le droghe?


L’Europa inaugura un nuovo sistema europeo per il calcolo dei conti degli  Stati membri.  
Dal settembre prossimo, infatti, entrerà in vigore un nuovo sistema di contabilizzazione (denominato Sec 2010). Tra le più interessanti novità, il fatto che i dati nazionali comprenderanno anche le stime dei ricavi prodotti dal traffico di sostanze stupefacenti, dalla prostituzione e dal contrabbando.

Come rileva lavoce.info:
“l’ economia illegale rappresenta una percentuale consistente di transazioni in Italia, circa l’11 per cento del Pil secondo alcune stime. La componente relativa al traffico di stupefacenti, in particolare, costituirebbe per la criminalità organizzata il business principale, con un fatturato annuo di circa 60 miliardi di euro.  Stime più prudenti forniscono un ricavo complessivo nel 2010 pari a circa 24 miliardi di euro”.   

In base alle stime provvisorie di crescita di Eurostat, pubblicate dallo stesso sito (vedi: http://www.lavoce.info/metti-sesso-droga-contrabbando-calcolo-pil/)
Il nuovo metodo di contabilizzazione rappresenterebbe per l’Italia un provvidenziale miglioramento nei rapporti tra debito e Pil e deficit e Pil. Se poi si investisse di più in ricerca&sviluppo,  le cose potrebbero ancora migliorare.

Nella più favorevole delle ipotesi, questo nuova contabilità europea consentirebbe all’Italia di abbassare il debito pubblico dal  132,6% (dati 2013) al 130,3%. Stesso beneficio per il rapporto deficit/Pil, che scenderebbe dal 3,03% al 2,98 %.
Metà dell’obiettivo richiesto dal fiscal compact, sarebbe così raggiunto “senza alcuno sforzo economico e politico”.

C’è di più: con la legalizzazione della vendita di droghe leggere o la legalizzazione della prostituzione, sostengono gli studiosi de lavoce.info,  i benefici per il bilancio dello Stato sarebbero ancora maggiori. Ai risparmi per le minori spese dovute alla repressione di queste attività e si aggiungerebbero gli introiti dalle nuove tasse.  

Sembrerebbe che i radicali non  possano rallegrarsi di queste proposte, che recepiscono con decenni di ritardo, le proposte e le lotte, anche referendarie, del movimento guidato da Marco Pannella. I radicali proposero, infatti, la legalizzazione delle sostanze psicoattive (non solo di quelle “leggere”) per altri motivi: rispetto dei diritti dei cittadini e parità di trattamento da parte dello Stato. Alternativa alla sofferenza e alla persecuzione dei consumatori e prevenzione dalla diffusione delle sostanze e dall’arricchimento delle organizzazioni criminali.

Potrebbero i radicali, rallegrarsi se queste proposte fossero recepite ed adottate dal Governo Renzi?

Soltanto se il Presidente del Consiglio riconoscesse le responsabilità di regime e il valore civile delle lotte del Partito Radicale.
Diversamente il Governo non farebbe “la cosa giusta” perché giusta ma, semplicemente, perché è possibile incassare nuove tasse.  

giovedì 12 giugno 2014

Responsabilità civile: l’Italia cambia verso? Una tempesta in un bicchier d’acqua


La Camera dei deputati della Repubblica Italiana ha approvato l’11 giugno (emendamento del leghista Pini alla legge comunitaria) la norma sul risarcimento diretto contro il magistrato che abbia sbagliato per dolo e colpa grave.

Rita Bernardini ha espresso:
“Grande soddisfazione per l’emendamento del leghista Pini passato per soli 7 voti oggi a Montecitorio. Dopo 27 anni viene così riscattato il voto popolare del 1987 quando con il “referendum Tortora” promosso dai radicali l’80,2% degli elettori pronunciò il suo sì alla responsabilità civile dei magistrati. Quel voto, purtroppo, fu tradito dal Parlamento che, con la Legge Vassalli, negò quanto deciso dal popolo italiano: è bene ricordarlo ora perché il passaggio al Senato contiene mille insidie.
Già paventiamo le contromosse del Partito dei Magistrati sempre in agguato quando si tratta di rispettare la volontà dei cittadini e di mantenere privilegi e rendite di posizione sconosciute negli altri paesi democratici.
Ringrazio di cuore il vicepresidente della Camera Roberto Giachetti che, con la sua leale dichiarazione di voto a favore, ha fatto sicuramente la differenza. Non a caso, ma per scelta ponderata e consapevole, Giachetti è iscritto a pacchetto ai soggetti dell’area radicale in primis il Partito Radicale Nonviolento Transnazionale e Transpartito".

Roberto Giachetti, infatti, ricorda di avere raccolto le firme per il referendum radicale del 1987 per la responsabilità civile del magistrato. Ma non ne dimentica le ragioni e, unico nel suo partito, dichiara apertamente il suo voto.
Certamente ricorderà come il Parlamento rispose, “sotto dettatura” non certo del popolo sovrano, con la riforma Vassalli, che proclamò il principio di responsabilità civile del magistrato vanificando - la “ratio” il motivo originante, l’anima - della proposta referendaria.

Il Presidente del Consiglio Matteo Renzi, non è solo Giachetti a ricordarlo, in un celebre discorso alla Leopolda disse: “La storia di un altro Silvio (Scaglia [Fastweb] n.d.r.) ci dice che dobbiamo fare la riforma della giustizia”.

Poi, divenne , segretario del Partito Democratico, e presidente de Consiglio.
E cambiò verso.
Sulla necessità dell’amnistia come sulla responsabilità civile del magistrato.

Oggi dichiara: “Una tempesta in un bicchier d’acqua”. 
E assicura che, al Senato, quell’emendamento sarà cancellato. 

mercoledì 11 giugno 2014

Tangenti: Non hanno dimenticato niente, non hanno imparato niente. Parla Carlo Nordio

Di seguito, una parte dell'intervista che il Procuratore Aggiunto presso il Tribunale di Venezia Carlo Nordio, ha rilasciato al direttore di Radio Radicale, Alessio Falconio il 5 giugno.



http://www.radioradicale.it/scheda/413296/il-caso-tangenti-mose-a-venezia-intervista-al-procuratore-aggiunto-di-venezia-carlo-nordio


 (...)    "Io non posso e non devo, com'è noto, parlare dell'inchiesta e meno che mai entrare nei particolari. In linea  generale, però - tutti giornali le hanno scritte e quindi si possono commentare.  Rispetto a vent'anni fa la Tangentopoli odierna ha degli elementi in comune e degli elementi differenziali. Gli elementi in comune sono che la spartizione, diciamo così, di fondi illeciti ai partiti - o meglio, agli schieramenti - è esattamente quella di venti anni fa.  Cioè vi è una parte  di finanziamenti al centrodestra, come una volta era ai democristiani e ai loro alleati socialisti e alla sinistra, come vent'anni fa era, attraverso le cooperative rosse, al partito comunista…. Pds, ecc. E questo è un elemento molto importante perché questa volta però, (ecco, qui c’è già una piccola differenza: proprio perchè l'indagine, iniziata molto tempo fa, è stata condotta con accuratezza estrema, molto garantismo e anche molti i controlli incrociati e riscontri,  si è estesa fin dall'inizio, e ha avuto come epilogo almeno in questa fase i provvedimenti e dell'altro ieri, si è estesa a entrambi questi schieramenti) cioè vi è proprio un bilanciamento direi quasi paritario tra quello che è emerso come illecito finanziamento nei confronti di una parte politica quello che è emerso come finanziamento illegale nei confronti dell’altra. Sarà forse  anche questa la ragione per cui oggi, e me ne rallegro, sui giornali la magistratura di Venezia - sia come Procura della Repubblica che come ufficio del Giudice delle Indagini Preliminari -  non ha subito quegli attacchi, da una parte o dall'altra, che generalmente seguono a queste inchieste. Ho notato con sollievo e anche con piacere, che tutti commenti, salvo ovviamente le legittime, anzii legittimissime, prese di posizione degli indagati e la presunzione di innocenza che è sacra, però non ci sono state reazioni veementi come ci sono state in altri casi.  Il primo elemento diciamo, comune, è questa la parità di finanziamenti illeciti a forze politiche di entrambi gli schieramenti. Secondo elemento comune, e questo lo dico con dolore e con disagio, questa sensazione che si ha di disprezzo, di arroganza quasi, nei confronti della legalità e nei confronti delle risorse pubbliche ora soprattutto in periodi di particolare disagio economico come quello in cui l'Italia versa non da oggi ma almeno da cinque-sei anni, un reato che già di per sé è molto grave come quello della corruzione o del finanziamento illegale di un partito, sono reati che presuppongono una deviazione di risorse comuni alle tasche private o comunque partitiche, che comunque sempre private sono, ecco questa deviazione di risorse pubbliche in momenti di grave difficoltà economica sono doppiamente laceranti. Assistere, come abbiamo assistito vent'anni fa a questa indifferenza per non dire disprezzo verso la gestione di risorse pubbliche, risorse e comuni  ci  amareggia perché, ho già detto ieri in una conferenza stampa, non hanno dimenticato niente, non hanno imparato niente, come i Borboni, secondo la definizione di Talleyran. 
Si pensava che dopo quello che è accaduto vent'anni fa, dopo la dimostrazione che la magistratura non ha remore nei confronti di palazzi di potere o di isole di franchigia, la magistratura segue soltanto l'applicazione della legge e noi l’abbiamo fatto, ripeto, con molto garantismo e con molta attenzione. E però queste cose continuano; e questo secondo elemento comune ripeto, questo senso che si percepisce, quasi di indifferenza per non dire di arroganza, verso il rispetto delle leggi dopo quello che è successo vent'anni fa e che non ha insegnato niente a nessuno, è doppiamente amaro. 
Detto ciò, ci sono elementi di differenziazione: per esempio in questo caso le risorse sono enormemente superiori a quelle che noi abbiamo contestato come finanziamenti illeciti e come corruzione vent'anni fa. Qui si tratta di cifre veramente colossali, sono quelle che avete letto nei giornali, sono scritte nell’ordinanza di custodia  cautelare. In realtà il danno erariale è ancora molto maggiore perché vi sono anche evasioni tributarie che poi saranno alla fine contestate, e quindi vi è una differenza enorme rispetto alla Tangentopoli, già grave, di allora. Quantitativamente una differenza enorme, parlo adesso del Veneto.