domenica 8 giugno 2014

Carceri illegali - proroga della tortura: diritti in coma.

Molti se l’aspettavano, molti altri l’auspicavano. Dal 2 maggio, giorno del discorso pronunciato a Strasburgo dal Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano, si era capito quale sarebbe stata la strada per consentire al Governo di evitare di battersi, contro un Parlamento che ha dimostrato di non essere interessato nemmeno a discuterne, per il varo di provvedimenti di amnistia e indulto.
D’altra parte, il Presidente del Consiglio non è mai sembrato interessato alla questione. Appena eletto segretario del Partito Democratico nominò una responsabile giustizia che si premurò di annunciare immediatamente che amnistia e indulto non erano nell’orizzonte del partito.
In Parlamento, nel Governo e (purtroppo) negli organi di informazione, stenta a farsi strada la percezione del fatto che infliggere trattamenti inumani e degradanti ai detenuti nelle carceri, è una violazione dei diritti umani fondamentali. Diritti che sono patrimonio di ciascun essere umano, anche del peggior delinquente; diritti che si fondano su principi che fanno della cultura europea – che ha permeato di sé l’occidente – una civiltà di cui andare fieri.  

La proroga di un anno concessa dal Consiglio d’Europa all’Italia, non aiuterà certo questa riflessione. E non rafforzerà certo la richiesta radicale di dimissioni del Presidente Matteo Renzi. Forse oggi il problema non è nemmeno più quello della giustizia. Forse oggi si dovrebbero chiamare le donne e gli uomini di buona volontà a ritrovare quelle radici liberali, democratiche e del socialismo utopistico e umanitario, che sembrano ormai disseccate.


Per dire a tutti che amnistia e indulto non sono “clemenza” ma opportunità di rigenerazione per la Repubblica.

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