lunedì 31 gennaio 2011

Ci serve un nuovo Beccaria

Di Marco del Ciello.

Per quanto riguarda la giustizia, basta porre mente al tema delle carceri, che ormai è diventato però un problema a livello mondiale: dall’Africa alla Francia, le cui statistiche carcerarie sono molto simili a quelle italiane. È forse il concetto stesso del rapporto fra reato e pena che deve essere riesaminato, occorrerebbe un nuovo Beccaria, che rifondi il sistema giuridico e del diritto.

Questa frase, pronunciata da Emma Bonino nel corso di una ampia intervista rilasciata al settimanale Left la settimana scorsa, mi ha subito colpito perché sembra inserirsi perfettamente nell'ambito della riflessione su giustizia e pena che stiamo conducendo ormai da mesi all'interno dell'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora e di cui trovate traccia anche in questo blog. Il primo merito di Emma è di restituire la discussione al suo orizzonte naturale, che è quello europeo e anzi globale, come per tutte le grandi questioni politiche del nostro tempo. Altro elemento che emerge è la necessità di uno sforzo di intelligenza per superare lo status quo. C'è infatti in Europa una certa destra, ben rappresentata in Italia dalla Lega Nord e in parte dal PdL, che ha individuato nel diritto penale la risposta al malessere sociale generato dai flussi migratori e dall'aumento delle disuguaglianze economiche.

Questa destra individua e circoscrive i presunti responsabili del disagio e li affida al sistema penale perché li punisca e li rieduchi, attraverso strumenti che variano dal reato di immigrazione clandestina alle leggi proibizioniste. E così riesce sì a rassicurare quote sempre crescenti di elettorato, ma deve al tempo stesso fare i conti con una opinione pubblica maggioritaria che riconosce l'inefficacia di queste strumenti, ma non vede altrove proposte alternative. I leader progressisti e moderati europei, infatti, assumono un atteggiamento complessivamente conservatore su questi temi, quando non cedono anch'essi a tentazioni demagogiche, denunciando così una scarsa comprensione della realtà sociale che li circonda. Proprio per questo, io credo, ci serve oggi più che mai un nuovo Beccaria, che aggiorni il vecchio Beccaria e ci indichi soluzioni originali e innovative ai conflitti di oggi, soluzioni che sappiano anche prescindere dal sistema penale per abbracciare gli strumenti più flessibili del diritto civile e della conciliazione arbitrale.

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domenica 30 gennaio 2011

La versione di Pazzini. Pannella Ministro della Giustizia

Di Fabio Pazzini.

Sono ormai alcuni giorni che circola la notizia sul fatto che Berlusconi sia intenzionato a chiedere a Pannella di assumere l'incarico di Ministro della Giustizia.
La notizia è tutta da verificare, ma se fosse vera Pannella dovrebbe accettare.
Le ragioni a favore di questa scelta sono molteplici, ma qui indico le principali:

1) l'incarico sarebbe ad personam, quindi non implicherebbe un'adesione della rappresentanza radicale alla attuale maggioranza di governo, lasciandola quindi libera in Parlamento di non sostenere i provvedimenti del governo non provenienti dal ministero della Giustizia.
A maggior ragione lascerebbe liberi i radicali alle elezioni di ogni tipo di valutare alleanze a 360° senza essere legati a logiche di coalizione;

2) Pannella oggi è l'unico che ha la credibilità, derivante da mezzo secolo di battaglie politiche, per proporre e portare avanti con decisione la riforma liberale della giustizia, che, invocata da moltissimi, non si è mai realizzata perché trasformata in una battaglia di potere;

3) Pannella riuscirebbe a tirare fuori i radicali da quel cul de sac nel quale li ha portati l'alleanza col PD, ponendoli nuovamentei al centro del dibattito politico e quindi alla capacità di raccogliere consenso, anche attorno ad altre battaglie liberali.

Se la riforma passasse è ovvio che sarebbe la più importante della storia della Repubblica Italiana. Se non passasse in Parlamento comunque si dimostrerebbe con forza agli elettori l'esistenza di una maggioranza trasversale che vuole tenere il Paese nella palude delle complicità corporative.
Certo ci sono anche delle controindicazioni, che vanno oltre gli insulti ed il bla-bla di quelli che direbbero: "vai ad aiutare il diavolo proprio ora che sta per soccombere?" e ce n'è una in particolare. Cioè il Governo non deve cadere prima che Pannella riesca a portare in Parlamento una proposta organica.

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sabato 29 gennaio 2011

2/2: Presentazione della Sezione Lombarda di ConfContribuenti



La ConfContribuenti, un'associazione nata all'inizio del 2010 per tutelare gli interessi dei contribuenti italiani, organizza una cena a Milano per far incontrare gli iscritti e i simpatizzanti lombardi dell'associazione e per programmare l'iniziativa "Impegno a difesa dei contribuenti", già lanciata con successo in occasione delle scorse regionali, anche per le comunali di Milano, Varese ed eventualmente di altri centri non capoluogo. Sarà presente Elisa Serafini, tesoriera dell'associazione.

RSVP: me@elisaserafini.com.

Appuntamento mercoledì 2 febbraio alle ore 20:30, presso l'Osteria della Concordia in via Guicciardini 8 a Milano (MM1 San Babila).

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I bambini di Chernobyl

Di Marco del Ciello.


Una delle molte piaghe che affliggono il popolo bielorusso è la contaminazione radioattiva seguita all'incidente del quarto reattore nucleare della centrale di Chernobyl, nella vicina Ucraina. Nonostante siano passati ormai quasi venticinque anni da quella tragedia umanitaria, infatti, gli effetti sulla popolazione locale continuano a farsi sentire, con un'incidenza di tumori e di altre patologie molto superiore alla norma. Un dramma che colpisce anche coloro che sono nati negli anni successivi all'incidente. In Italia operano alcune associazioni che, contando sulla disponibilità di volontari che aprono le loro case ai bambini e agli adolescenti bielorussi, offrono ai più giovani la possibilità di trascorrere brevi periodi in Italia per disintossicarsi dalle radiazioni e migliorare il proprio stato psicofisico. In Piemonte troviamo ad esempio Un Sorriso per Chernobyl, mentre nella zona di Milano è attiva l'Associazione Progetto Chernobyl di Carugate. Chi volesse saperne di più oppure dare il proprio contributo offrendo ospitalità ai giovani bielorussi può rivolgersi direttamente a queste associazioni, attraverso i loro siti web:

Un Sorriso per Chernobyl (Piemonte): http://www.chernobyl.it/public/

Associazione Progetto Chernobyl di Carugate: http://www.progetto-cernobyl.com/

(Grazie a Marco Loiodice per la segnalazione).

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venerdì 28 gennaio 2011

Volantinaggio e fiaccolata per David Kato Kisule


Stasera a Milano l'Associazione Radicale Certi Diritti organizza un volantinaggio e una fiaccolata per ricordare David Kato Kisule, esponente di rilievo dell’organizzazione SMUG (Sexual Minorities Uganda) e principale rappresentate del movimento gay ugandese, nel giorno in cui si svolgono i suoi funerali. David è stato ucciso mercoledì pomeriggio presso la sua abitazione, in circostanze poco chiare. Partecipano alla manifestazione anche l'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora, l'Associazione Enzo Tortora - Radicali Milano, CIG - Arcigay Milano, MiCO - Milano Contro l'Omofobia, AGEDO, Circolo UAAR Milano, Milk Milano.

Appuntamento venerdì 28 gennaio alle ore 17:30 (volantinaggio) e alle ore 19 (fiaccolata), in piazza Duomo (MM1/3 Duomo).

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giovedì 27 gennaio 2011

Stampa senza regime. Notizie dal mondo libero (20/1 - 27/1)

A cura di Marco del Ciello.

WHAT THE ARAB PAPERS SAY da The Economist. I giornali in lingua araba hanno dedicato ampio spazio alla rivoluzione tunisina, dando una valutazione degli eventi, che pur con diverse sfumature è molto positiva.

EGYPT PROTESTERS DEFY CRACKDOWN da Al Jazeera English. In Egitto continuano gli scontri tra manifestanti e forze governative, in attesa del ritorno in patria del Nobel Mohamed El Baradei, potenziale leader dell'opposizione.

BERLUSCONI CRITICISED FOR 'USE OF POLICEWOMEN'S OUTFITS IN VILLA STRIPTEASE SHOWS' di John Hooper, da The Guardian. Un sindacato di polizia ha criticato Berlusconi per le spogliarelliste in divisa da poliziotto che si sarebbero esibite nella sua villa.

THE INSIDE STORY OF HOW FACEBOOK RESPONDED TO TUNISINA HACKS di Alexis Madrigal, da The Atlantic. Ecco come il governo tunisino di Ben Ali ha cercato di eliminare gli account dei manifestanti anti-regime e come Facebook glielo ha impedito.

THE GLOBAL THREAT TO PRESS FREEDOM di Lee Bollinger, da Foreign Policy. In un mondo globalizzato la censura in un singolo paese minaccia la libertà di stampa, e con essa la democrazia e lo sviluppo economico, anche nel resto del mondo.

FOOD PRICES COULD DOUBLE WITHOUT GM FOODS, SCIENTISTS WARN di Louise Gray, da The Daily Telegraph. Un rapporto commissionato dal governo britannico a oltre 400 scienziati consiglia l'impiego di ogm per combattere l'aumento dei prezzi dei prodotti agricoli, ma gli ambientalisti non sono d'accordo.

TONY BLAIR REDUX di D. D. Guttenplan, da The Nation. Tony Blair è nuovamente comparso, a un anno di distanza dalla prima volta, davanti alla commissione d'inchiesta sulla guerra in Iraq istituita dal parlamento britannico, ma non ha mostrato segni di pentimento.

HU JINTAO MEETS WITH LAWMAKERS, HEARS CONCERNS ON HUMAN RIGHTS di Paul Kane e Felicia Sonmez, da The Washington Post. Il presidente cinese Hu Jintao ha partecipato a un incontro a porte chiuse con una delegazione bipartisan di parlamentari statunitesi, incontro organizzato per parlare di diritti umani e democrazia in Cina.

HARIRI LOYALISTS TAKE TO THE STREETS OF LEBANON FOR 'DAY OF WRATH' OVER HEZBOLLAH POWER PLAY da Haaretz. In Libano i sostenitori del premier uscente Saad Hariri sono scesi in piazza per manifestare contro la nomina di un primo ministro sostenuto dal movimento sciita Hezbollah.

GUN LAWS WERE TOUGHER IN OLD TOMBSTONE di Bob Drogin, dal Los Angeles Times. Nella leggendaria Tombstone di Wyatt Earp e Doc Holliday procurarsi un'arma era più difficile che nell'Ariziona di oggi.

CHINESE STEALTH FIGHTER JET MAY USE US TECHNOLOGY da The Guardian. La Cina potrebbe aver recuperato parti di un jet Stealth abbattuto in Serbia nel 1999, acquisendo così la tecnologia per produrre aerei invisibili ai radar.

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mercoledì 26 gennaio 2011

Intervento di Emiliano Silvestri. A proposito di giustizia, pena e volantini

Domenica sera Diego Mazzola e Marco del Ciello, militanti dell'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora, hanno inviato una lettera aperta al segretario di Radicali Italiani Mario Staderini, a proposito della giustizia e delle pene, lettera poi pubblicata anche sull'edizione odierna di Notizie Radicali. Interviene ora nel dibattito Emiliano Silvestri.

Di Emiliano Silvestri.

Cari compagni,
intanto grazie per questa lettera che dimostra una volta di più la grandezza del nostro partito rispetto al panorama politico che ci circonda.
È dall'altra sera che mi capita di soffermarmi, a tratti, sul volantino in questione, grazie a voi riuscirò forse a dare ai miei "ragionamendi" una forma comprensibile. L'obiezione che mi sentirei di muovere al suo estensore è, essenzialmente, di avere scambiato la ricerca della verità con la verità acclarata in sede processuale.
Mi sembra che nelle strade noi richiamiamo, allo stato dei fatti, i commissari e il presidente Chilcot a non avere timori reverenziali nella ricerca della verità. Vi seguo perciò senz'altro fino alla fine del primo paragrafo.

Sulle altre argomentazioni sviluppate nella lettera, in attesa della risposta del segretario, vorrei sottoporre alla comune riflessione alcuni punti:
Se le risultanze di un'inchiesta rigorosa dovessero confermare i dati in possesso dei radicali, se si confermasse che Mr. Bush e Mr. Blair (con l'attiva partecipazione italiana e libica) hanno deliberatamente mentito ai cittadini statunitensi, britannici e a quelli di tutti il mondo per scatenare una guerra che poteva essere evitata o, addirittura, per scongiurare una pace che avevano a portata di mano, sarebbero responsabili di qualcosa che si potrebbe avvicinare all'alto tradimento?
Sarebbero sicuramente responsabili di qualcosa di ben più grave, aver disinnescato la migliore arma di attrazione di massa nelle mani della comunità degli Stati di tradizione democratica e matrice liberale: la democrazia; a tutt’oggi il migliore (o il meno peggiore) strumento di ordine e libertà concepito dall'umanità.
Ricorda Zygmunt Bauman facendo eco a Pannella: “Bush ha ucciso la dignità della democrazia nel mondo”. Comportamento che sembra realizzare la sensibile riduzione – se non la privazione – della speranza di convivenza pacifica nel mondo. Non sarebbe questo un crimine?
La punizione di questo crimine, attraverso la punizione del suo autore, darebbe agli avversari delle democrazie occidentali la percezione della diversità - in meglio - rispetto a sistemi dove (come nella Lombardia di Formigoni) il potere è assolto dal rispetto della legge. Darebbe agli ammiratori della democrazia, il modo di ritrovare una fiducia che va spegnendosi.

Rispetto alla teoria del capro espiatorio. Non riesco a capire. Ho la sensazione che confondiate la sociologia con il diritto. I radicali sono sostenitori dello Stato di diritto che, credo si possa dire si basa sul principio di legalità. Il principio di legalità è il rispetto della legge - che è generale e astratta. Non è inutile (nei giorni in cui viene ripetutamente violato il segreto istruttorio e il diritto individuale alla riservatezza) ricordare che tale rispetto è dovuto innanzitutto da parte del magistrato.
La certezza del diritto è appunto resa possibile dalla legge generale e astratta, che delinea i confini del lecito (meglio sarebbe dire del non sanzionato) in anticipo rispetto ai comportamenti appunto pre-visti.
Nel diritto liberale, recepito anche nella nostra costituzione, mi pare possa quindi essere ritenuto estraneo il concetto di capro espiatorio e anche quello di agnello che prende su di sè i peccati del mondo. Si può dire semplicemente che, attraverso una diagnosi politica, si identificano condotte che si ritiene di disincentivare con la pena. La legge si incarica anche di evidenziare le tipologie possibili di conflitti, e stabilisce in anticipo quale dei due contendenti avrà il suo favore. In questo quadro, ciascuno rimane libero di muoversi al di fuori dei confini tracciati, cosciente del rischio che corre. A noi è accaduto di violare deliberatamente leggi (ritenute criminali) per chiamare quelle, e il legislatore che le aveva promulgate, sul banco degli imputati.
In Italia oggi il problema non mi sembra essere il sistema penale (che comunque deve essere ridotto all'osso) ma la diagnosi politica che porta a leggi come la Bossi-Fini o la Fini-Giovanardi.

Tornando sul piano transnazionale; (al di là dello statuto della Corte penale internazionale) mi par di capire che ci siano leggi – consuetudini costituzionali – che imporrebbero a personalità come Bush e Blair di non mentire ai propri popoli e mi pare un'aggravante scatenare una guerra su quelle menzogne.
Se Usa e UK sono dotate di leggi che sanciscono con il carcere simili comportamenti ne consegue che, qualora fossero ritenuti responsabili, il bilanciamento tra aggravanti e attenuanti stabilirebbe qual'è la pena pre-vista per loro. Potremmo poi ragionare sul fatto che sia inutile incarcerarli ma va ricordata l'esigenza di mostrare agli avversari delle democrazie occidentali e agli ammiratori degli Stati liberali e di diritto che da noi nessuno, nemmeno il presidente, può farsi beffe della legge.

Un abbraccio,
Emiliano

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Gemellaggio Tortona - Grozny: perché impensabile?

Pubblichiamo una testimonianza di Maddalena Crudeli, coordinatrice provinciale per Alessandria dell'Associazione Radicale Adelaide Aglietta, sulle difficoltà organizzative e politiche che i militanti radicali incontrano nelle città di provincia.

Di Maddalena Crudeli.

Lo scorso mese di dicembre a Tortona come Associazione Radicale Adelaide Aglietta ho organizzato una serata in memoria di Antonio Russo, con la proiezione del film "Cecenia" di Leonardo Giuliano e a seguire un dibattito che ha visto l'introduzione di Emiliano Silvestri, giornalista di Radio Radicale, che ha ricordato come Antonio Russo fosse un reporter che vivendo sul posto testimoniava le barbarie di una guerra e non interpretava o attendeva le notizie nella camera di un hotel di lusso. Insomma, come fosse un giornalista d'inchiesta, di quel genere di giornalismo che, come ha ricordato Cesare Del Frate, caporedattore di Diogene Magazine, una rivista che tramite la filosofia cerca di interpretare il reale e l'attualità, citando i fattori tecnici e organizzativi del giornalismo, dall'agenda setting al "monopolio" delle agenzie di stampe, manca totalmente oggi in Italia ma più in generale nell'Occidente. Infine Bruno Mellano, membro della direzione di Radicali Italiani, con una lucida lettura della politica internazionale italiana e occidentale, ha sottolineato come ciò che succede in Cecenia è responsabilità anche nostra, del giornalismo e dei governi occidentali che tacciono, non testimoniano, non indagano. A riprova di questo la sala era G-Romita e non gremita di giornalisti locali. E non solo di giornalisti. Pur ringraziando i presenti interessati, impegnati e attenti, il pubblico che ci si aspettava, quello dei giovani incuriositi da cosa succede dove non si rispettano i diritti umani e ci sono le guerre, a quello dei più adulti almeno un poco interessati al destino del prossimo, di questo pubblico, in un tranquillo sabato sera pre-natalizio, da parte di questo tipo di pubblico nessuna risposta. E una lucida analisi a volte può essere doverosa anche se forse non necessariamente utile.

Premettendo che la situazione di Tortona è quella di una provincia dove scarsissima è la militanza radicale ed è spesso la volontà di un singolo che permette di organizzare qualcosa, ebbene per come ho gestito la cosa avrò senz'altro meriti e demeriti. Ottenere la sala, i burocratici permessi della SIAE, la presenza dei relatori provenienti da diverse città, a cui assicurare tutta la doverosa ospitalità, le adesioni, che devo dire sono state molte, da Radicali Italiani, a Diogene Magazine, agli amici di Beppe Grillo, al Partito Socialista, ai Verdi Piemonte, Annavia, Radio Radicale e anche il Pd di Tortona, per tutto questo un certo impegno di tempo e di mezzi c’è voluto. Il Pd di Tortona era co-organizzatore e co-finanziatore, anche se in minima parte, della serata. Un disastro di collaborazione nonostante le buone intenzioni del giovane segretario di sezione. Nessuno degli iscritti del PD (o non iscritti, simpatizzanti poco importa) si è presentato alla serata. E se l'unica cosa di cui si doveva occupare era la sala fornita di apparecchiatura per la video proiezione e a poche ore dall'evento ho dovuto (mentre ero a Torino per il congresso dell'Aglietta) trovare al volo pc e video proiettore… Si può capire quale sia stato il motivo per cui ho dedicato troppo poco spazio alla comunicazione e all'informazione, quindi inviti e stampa, oltre al classico comunicato stampa e al giro di mail poco altro sono riuscita a fare. E questo forse avrebbe cambiato le cose, se più spazio alla notizia avesse dato la stampa. Forse avrebbe cambiato le cose, perché davvero non capisco perchè l’argomento, così toccante, trasversale, attuale, vicino al nostro paese (si trattava di un giornalista italiano) a Tortona non debba interessare!

Qualcuno mi ha chiesto perché ho scelto questa tema, quale fosse il collegamento con la realtà della città. Certo altri temi avrebbero potuto essere più vicini, come per esempio la questione del nucleare. Perché ho scelto questo argomento? Ho solo una risposta. Febbraio 1994, compivo 13 anni e Andrea Tamburi moriva ucciso a Mosca. Mi ricordo quando Radio Radicale diede la notizia. Me lo ricordo come fosse ieri. E così che ho pensato che c'era tutta una storia che non si raccontava, una storia fatta di guerre e di persone che vengono uccise (a 8 anni, non ho mai capito bene perché, scrivevo ungarettiane poesie sulla guerra, senza aver ancora letto Ungaretti). E ho pensato che Radio Radicale raccontava di queste storie e che il Partito Radicale faceva delle cose, si interessava a delle cose, a delle cose che mi sembrava importante interessarsi. È così che sono diventata radicale, e man mano negli anni mi sono interessata più o meno a tutte le tematiche, da quelle dell'Associazione Luca Coscioni, alla questione delle carceri, ad altri temi di politica nazionale, passando anche per una passione per gli scritti di Pasolini, passando poi per un'esperienza diretta negli uffici dei nostri parlamentari a Bruxelles, fino ad arrivare alla politica radicale in generale, intesa come modalità, come modus operandi, coerente e nonviolento, propositivo e fermo, con un'apertura mentale che diventa modus vivendi delle persone. Però sempre un po' qui, in qualche posto particolare della mia mente, i temi di diritti umani e civili e di politica internazionale e di giornalismo e disinformazione (tema poi della mia tesi di laurea) hanno sempre trovato uno spazio particolare. È così che ho deciso di parlare di Cecenia, anche qui, a Tortona, in una fredda serata invernale, perché non capisco, in fondo io ero in un piccolo appartamento milanese quando sentii parlare di Mosca e poi di Cecenia e poi di tutto il resto ascoltando Radio Radicale, e ne sono rimasta colpita. E allora perché questo gemellaggio Tortona-Grozny proprio è impensabile?

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martedì 25 gennaio 2011

Riunione settimanale: comunali, Milano Sì Muove, Russia, Pannella...

Stasera, come tutti i martedì, ci ritroveremo nella sede di via Borsieri 12 (MM2 Garibaldi) a Milano, dalle 20:30 alle 22:00 circa, per la consueta riunione settimanale dell'associazione. Faremo il punto della situazione sulle imminenti elezioni comunali di Milano e sui referendum del comitato Milano Sì Muove. Parleremo anche delle inziative che stiamo organizzando e, in particolare, della manifestazione del 31 gennaio per la libertà in Russia e della presentazione del libro Marco Pannella. Biografia di un irregolare. All'ordine del giorno, infine, il tesseramento 2011 e le attività ordinarie dell'associazione. La riunione è aperta alla partecipazione di tutti, iscritti e non.

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lunedì 24 gennaio 2011

Lettera aperta al segretario di Radicali Italiani Mario Staderini. Sulla giustizia e sulla pena

Di Diego Mazzola e Marco del Ciello.

Caro Mario,
siamo due militanti dell'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora di Milano e ti scriviamo perché siamo rimasti delusi e perplessi, come anche altri nostri compagni, di fronte al volantino predisposto per la Veglia per la Verità sulla guerra in Iraq, tant’è che non lo abbiamo distribuito. Abbiamo preferito farne uno nostro. Non sappiamo chi abbia realizzato questo volantino, ma ci rivolgiamo a te perché occupi una posizione di rilievo all'interno della galassia radicale e perché ci hai già dimostrato una certa sensibilità sui temi della giustizia e delle pene. La nostra delusione e la nostra perplessità nascono dall'immagine che ritrae Tony Blair con le manette ai polsi e dietro le sbarre di una prigione, con un commento fin troppo esplicito: «È qui che deve finire!». Ci sembra infatti che questa immagine contraddica sia lo spirito dell'iniziativa di Marco Pannella (il cui obiettivo non è e non può essere semplicemente infliggere una pena a Tony Blair) sia la nostra convinzione, da abolizionisti, che esista la possibilità d’iniziativa radicale per il superamento del sistema penale.

Se anche l'ex premier britannico fosse privato della sua libertà personale, incatenato e imprigionato, magari condannato pure all'ergastolo, come sembra suggerire il volantino, che beneficio potrebbero trarne le vittime e i parenti delle vittime della guerra in Iraq? Cesserebbe forse lo spargimento di sangue fra il Tigri e l'Eufrate? Non lo crediamo. In una società permeata dalle credenze religiose, com'era ad esempio quella del Medio Evo europeo, individuare un responsabile e infliggergli una sofferenza fisica e morale sembrava essere cosa praticabile per contribuire a ricostruire l'ordine sociale turbato. Secondo noi è lecito dubitare di quei criteri e di quei risultati. Nel vicino Oriente, così come nell'Europa di oggi, vive ormai una società pienamente modernizzata e secolarizzata, per la quale il rito magico del capro espiatorio non può essere ritenuto efficace. Non è più pensabile che un singolo individuo, o un gruppo di individui, assuma su di sé le sofferenze della collettività per liberare gli altri dalla colpa e dal dolore. Quel volantino, invece, sembra accettare la logica dell’occhio per occhio, dente per dente.

Una giustizia che voglia essere laica e nonviolenta deve rifiutare la logica della violenza, e della vendetta che è implicita nella punizione del colpevole, per cercare invece il risarcimento delle vittime e la ricostituzione dell'armonia sociale, attraverso la ricerca ed il riconoscimento della verità e il dialogo. In questa ricerca sbarre e manette servono a poco, se non a soddisfare il sadismo di alcuni, se non a dare loro soddisfazione (e che bella soddisfazione poi, quella di trarre piacere dalla sofferenza altrui). In un paese dove, però, la grandissima parte dei politici continua a ragionare secondo la logica della vendetta e fa appello proprio agli istinti più bassi dei cittadini, è importante che almeno noi radicali manteniamo, al nostro interno e nei rapporti con il mondo, una speciale attenzione e sensibilità al tema della giustizia e delle pene. Non dimentichiamo che siamo prossimi al congresso del Partito Nonviolento Transnazionale Transpartito. Avvertiamo l’esigenza di parlare anche di questi temi.

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domenica 23 gennaio 2011

La versione di Pazzini. Esilio di Saddam: su cosa si basa la certezza di Pannella?

Di Fabio Pazzini.

Settimana scorsa Pannella ha organizzato a Londra una veglia in attesa dell'audizione di Blair alla commissione parlamentare d'inchiesta sulla guerra in Iraq, domenica Radicali Italiani ha convocato una riunione delle associazioni per invitarle a promuovere incontri sul mancato esilio di Saddam, con la conseguente inutilità dell'intervento militare.
Sinceramente vedendo che sino ad oggi nessuno ha sollevato nessuna obiezione alla teoria presentata da Pannella, ho taciuto le mie perplessità riguardo alla fondatezza della teoria stessa, temendo di non aver capito nulla.
Però continuo a non capire, per cui chiedo che qualcuno mi spieghi su che cosa Pannella basi le sue certezze.
Ho più volte letto e riletto il dossier pubblicato sul sito (dal nome chilometrico inventato dal maggior supporter dell’iniziativa Matteo Angioli), ma io non riesco a trovare una sola prova che Bush, Blair, Berlusconi e Aznar abbiano volutamente creato le condizioni perché questa possibilità non si concretizzasse.
Molto semplicemente evinco due fatti:

a) Saddam avrebbe accettato l’esilio se gli fosse stato chiesto ufficialmente da tutta la Lega Araba. Ciò non avvenne per due ragioni: 1) Gheddafi ha fatto saltare la conferenza insultando il re dell'Arabia Saudita; 2) comunque un certo numero di paesi arabi non avrebbe mai accettato di fare questa richiesta.

b) è evidente che Bush premeva fortemente per la soluzione militare, non solo, ma anche, perché riteneva che l'accettazione dell'ipotesi d'esilio da parte di Saddam fosse strumentale solo a guadagnare tempo.

Tutto il resto, comprese le ipotesi pannelliane, sono scenari verosimili, ma assolutamente non provati. A meno che Pannella sia in possesso di documenti importanti che supportano le sue asserzioni, ma non può rendere noti.

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Mercato e Stato... secondo Ludwig von Mises

Di Ludwig von Mises*.
Da Libertà e proprietà.

Per eliminare l'interferenza della violenza nelle relazioni umane, non esiste altro mezzo che il ricorso a una violenza ancora più risoluta. Contro quegli individui o gruppi di individui che ricorrono alla violenza o non adempiono ai loro obblighi contrattuali, giova solo il ricorso alla forza. La struttura del mercato, basata su accordi volontari, non può funzionare se non è sostenuta da un apparato di costrizione e di coercizione, pronto a far ricorso alla forza, contro quegli individui che non si attengono strettamente ai termini e alle regole dell'accordo reciproco. Il mercato necessita del supporto dello Stato.

Il mercato, nel senso più ampio del termine, è quel processo che abbraccia tutte le azioni volontarie e spontanee degli uomini. È il regno dell'iniziativa umana e della libertà, il territorio su cui prosperano tutte le conquiste umane.

Lo Stato, il potere che protegge il mercato dal ricorso distruttivo alla violenza, è un bieco apparato di coercizione e di costrizione. È un sistema di ordini e proibizioni, in cui alcuni funzionari armati sono sempre pronti a far rispettare tali comandi.


* Ludwig von Mises (1881-1973) ha insegnato a Vienna, Ginevra e New York. È stato l'esponente più autorevole della Scuola austriaca di economia, una «tradizione di ricerca» capace di fuoriuscire dal territorio propriamente economico e di misurarsi con le più profonde e urgenti questioni di metodologia, sociologia e politica. Fra le sue opere tradotte in italiano, si ricordano: L'azione umana, Torino 1959; Problemi epistemologici dell'economia, Roma 1988; La mentalità anticapitalistica, Roma 1988; Socialismo, Milano 1990; Burocrazia, Milano 1991; Lo Stato onnipotente, Milano 1995.

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venerdì 21 gennaio 2011

La versione di Pazzini. Sui PM milanesi il fidanzato ha ragione

Di Fabio Pazzini.

La vicenda Ruby evidenzia che c'è una volontà golpista da parte dei pm milanesi che indagano su Berlusconi.
Possiamo sostenere tutto su Berlusconi, sul suo modo di far politica e sul modo non certo sempre limpido di condurre i suoi affari.
Possiamo ritenerlo amico della mafia attraverso il fido Dell’Utri e anche un vecchio sporcaccione che si riempie la casa di giovani mignotte.
Possiamo pensare anche di peggio.
Ciò non toglie che l'inchiesta di Boccassini e C. è tutta politica.
Abbiamo un'accusa di prostituzione minorile con l'utente e l'offerente che negano. Abbiamo un'accusa di concussione senza il concusso, perché altrimenti l'inchiesta avrebbe dovuto essere spostata a Brescia per incompatibilità.
Abbiamo una richiesta di autorizzazione alla perquisizione di un ufficio inviata al Parlamento il giorno dopo della mancata bocciatura della Corte Costituzionale del lodo Alfano.
Abbiamo una richiesta di autorizzazione alla perquisizione di un ufficio inviata al Parlamento piena di inutili documenti e soprattutto di inutili intercettazioni, che in questo modo sono diventate pubbliche e pubblicabili su tutti i giornali.
Io non so se in questi anni ci sia stato un complotto contro Berlusconi da parte di certi pm, certo quest’ultima inchiesta che ha visto uno spropositato impiego di uomini, di intercettazioni, di pedinamenti dimostra che c’è la volontà di raggiungere un risultato politico che dovrebbe invece competere sia al Parlamento che agli elettori.
Dal '92 ad oggi la magistratura (che impedisce con la minaccia di inchieste ogni riforma della giustizia, nonostante la Camera abbia approvato praticamente all’unanimità solo l'altroieri la mozione Bernardini sulla riforma della giustizia), dimostra di sentirsi investita di una missione salvifica. Missione che non le appartiene!
Facciamo pure gli opportunisti e facciamole sfasciare Berlusconi, ma impediamole di sfasciare quello che resta del nostro sistema democratico. È indifferibile il momento nel quale la politica deve riappropriarsi del suo ruolo. È passato un ventennio inutilmente. Se non si interviene subito rischiamo sul serio di diventare una repubblica delle banane.
Altro che Ruby.

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De Corato & Gheddafi uniti nella lotta ai berberi del Nordafrica

Pubblichiamo il testo di un volantino distribuito lunedì 17 gennaio dall'Associazione Culturale Berbera nel corso di una manifestazione davanti al consolato libico di Milano. I radicali si stanno già attivando per portare questi gravissimi fatti all'attenzione del Parlamento italiano.

In Libia, in questi giorni, le autorità stanno conducendo una pesante repressione nei confronti di ogni manifestazione della lingua e della cultura berbera, nonché di ogni tentativo di studiarla da parte di ricercatori europei: due giovani fratelli, Mazigh e Madghis Buzakhar sono stati imprigionati con l'accusa di spionaggio per aver avuto contatti con uno straniero. Lo straniero in questione era un ricercatore italiano (che ovviamente fa il dottorato a Londra e non in Italia), che è stato anch'egli arrestato e detenuto per tre settimane a Tripoli prima di essere liberato. Negli stessi giorni, anche un paio di ricercatori berberi marocchini, Mahfoud Asmahri e Hassan Ramo, dell'Istituto Reale di Cultura Amazigh, sono stati trattenuti un paio di settimane e sottoposti a interrogatori prima di essere rimandati in patria con una paternale che li accusa di "portare acqua" al disegno criminoso di chi vuole seminare il virus della divisione in Nordafrica semplicemente ammettendo che i berberi esistono e hanno una loro lingua e cultura. Non parliamo, poi, del cantante berbero Abdullah Ashini, condannato a cinque anni di prigione per aver cantato all'estero in un festival di canzoni berbere!

A Milano, il vicesindaco De Corato censura ogni manifestazione di protesta per i diritti umani in Nordafrica, lamentando il dispendio di forza pubblica per vicende che ai milanesi non interesserebbero: un insulto non solo agli immigrati, ma anche ai tanti milanesi che non si riconoscono in queste affermazioni xenofobe grette e meschine. Di fatto, De Corato si pone a fianco del dittatore libico, che ama i cavalli berberi ma vuole far sparire i berberi, uomini e donne, che ancora esistono in Nordafrica, parlano la loro lingua, che fu quella di Giugurta e Massinissa, e non si sono fatti assorbire dagli invasori arabi.

Madghis Buzakhar non è una spia. Si occupa della propria lingua materna e della propria cultura, aveva raccolto una piccola biblioteca che ora gli è stata sequestrata, e ha scritto alcuni articoli interessanti, in particolare uno riguardo alla figura dello sheikh Abu Falgha, autore di due poemetti religiosi in berbero agli inizi dell'Ottocento. Ironia della sorte, uno scritto inedito di Ibrahim Scemmakhi del 1881, che proprio Madghis ha segnalato a proposito di questi poemi religiosi, riporta una vicenda di quei giorni in cui si parlava di "spie" che a Tripoli seguivano tutte le mosse dell'autore e riferivano alle autorità cosa faceva e con chi si incontrava. Non poteva immaginare che sarebbe presto successa a lui la stessa sorte! Ma Scemmakhi, dopo qualche giorno di sosta forzata in città poté ripartirsene libero e scrivere della sua avventura. Quando potrà fare lo stesso Madghis Buzakhar?

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giovedì 20 gennaio 2011

Comunicato stampa: i radicali davanti al consolato britannico di Milano per chiedere la verità sulla guerra in Iraq

Nell’attesa della seconda audizione di Tony Blair alla Commissione Parlamentare d’inchiesta del Regno Unito che si terrà venerdì 21 gennaio a Londra l’Associazione Radicali Senza Fissa Dimora e l'Associazione Enzo Tortora – Radicali Milano organizzano una due giorni di mobilitazioni per sensibilizzare l’opinione pubblica sulla ricerca della VERITA’ SUGLI EVENTI CHE PORTARONO ALLO SCOPPIO DELLA SECONDA GUERRA IN IRAQ.

In contemporanea con altre manifestazioni che si svolgeranno a Londra, Roma, Barcellona, San Francisco, Napoli, Venezia e Firenze i militanti radicali a Milano, dopo un volantinaggio in piazza Duomo dalle 17 alle 20 che si ripeterà anche venerdì mattina dalle 10 alle 12, si sposteranno con una fiaccolata in Via San Paolo angolo Piazza del Liberty, sede del Consolato del Regno Unito, dove rimarranno fino alle 22 con una Veglia per la Verità sulla guerra in Iraq.

Il 21 gennaio a Londra l’ex Primo Ministro Tony Blair sarà audito per la seconda volta dalla Commissione parlamentare d’inchiesta del Regno Unito sulla guerra in Iraq. La sua testimonianza, qualora gli fossero fatte le domande che sino ad oggi sono rimaste silenziate, potrebbe costituire un ulteriore passo per far emergere la verità su quanto accadde in quei giorni. Nel marzo 2003 Bush e Blair scelsero la guerra, ne affrettarono i tempi, per impedire che scoppiasse la pace attraverso l’esilio di Saddam. È necessario e urgente manifestare in occasione dell'audizione di Tony Blair per chiedere che venga fatta luce sui fatti che portarono allo scoppio della guerra in Iraq e sulle gravi corresponsabilità di Blair, Bush e Berlusconi nell'affossamento dell'unica concreta possibilità di pace possibile. Solo in questo modo le democrazie potranno tornare ad essere legittimate in quanto tali.

«Anche a Milano» hanno dichiarato Marco Di Salvo, segretario dell'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora, e Francesco Poirè, segretario dell'Associazione Enzo Tortora – Radicali Milano «i radicali porteranno il loro contributo militante all'iniziativa di Marco Pannella e del Partito Radicale Nonviolento Transnazionale Transpartito, come già in occasione dell'ultima visita di Tony Blair in città per partecipare alla trasmissione di Fabio Fazio».

Marco Di Salvo: 347 0350986
marcodisalvorad@gmail.com
Francesco Poirè: 348 3883413
francesco@poire.it

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mercoledì 19 gennaio 2011

20/01: Veglia per la Verità sulla guerra in Iraq (Milano)

L'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora e l'Associazione Enzo Tortora – Radicali Milano organizzano una Veglia per la Verità sulla guerra in Iraq davanti alla sede del consolato del Regno Unito a Milano, in via San Paolo 7 (MM1/3 Duomo). Analoghe manifestazioni radicali si svolgeranno contemporaneamente a Londra, Roma, Napoli, Firenze, Venezia.

Giovedì 20 gennaio, dalle 17 alle 20:30, distribuiremo volantini informativi in piazza Duomo. Alle 20:30 ci sposteremo con una fiaccolata davanti al vicino consolato del Regno Unito e li rimarremo fino alle 22:30. Venerdì mattina dalle 10 alle 12 torneremo in Duomo per un secondo volantinaggio.

Il 21 gennaio a Londra l’ex Primo Ministro Tony Blair sarà audito per la seconda volta dalla Commissione parlamentare d’inchiesta del Regno Unito sulla guerra in Iraq. La sua testimonianza, qualora gli fossero fatte le domande che sino ad oggi sono rimaste silenziate, potrebbe costituire un ulteriore passo per far emergere la verità su quanto accadde in quei giorni. Nel marzo 2003 Bush e Blair scelsero la guerra, ne affrettarono i tempi, per impedire che scoppiasse la pace attraverso l’esilio di Saddam. È necessario e urgente manifestare in occasione dell'audizione di Tony Blair per chiedere che venga fatta luce sui fatti che portarono allo scoppio della guerra in Iraq e sulle gravi corresponsabilità di Blair, Bush e Berlusconi nell'affossamento dell'unica concreta possibilità di pace possibile. Solo in questo modo le democrazie potranno tornare ad essere legittimate in quanto tali.

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Stampa senza regime. Notizie dal mondo libero (13/1 - 19/1)

A cura di Marco del Ciello.

THE RETURN OF RUBY da The Economist. Il primo ministro italiano Silvio Berlusconi ha scoperto questa settimana di essere indagato dalla procura di Milano con le accuse di sfruttamento della prostituzione minorile e concussione, a seguito di un'inchiesta avviata alcuni mesi fa.

THE FIRST TWITTER REVOLUTION? di Ethan Zuckerman, da Foreign Policy. Twitter e gli altri social network hanno giocato sicuramente un ruolo nella rivoluzione tunisina, ma è ancora difficile capire quanto sia stato importante questo ruolo rispetto ad altri fattori.

LOOK IT UP: WIKIPEDIA IS TURNING 10 di Timothy Garton Ash, dal Los Angeles Times. Wikipedia compie dieci anni ed è oggi uno dei siti più visitati della rete, pur mantenedo la sua natura di organizzazione no-profit.

THE UN-ISLAMIC REVOLUTION di Mike Giglio, da Newsweek. Sembra che la rivoluzione tunisina sia opera di un movimento spontaneo che non ha nulla a che fare con il fondamentalismo islamico, ma è ancora presto per dirlo con certezza.

FACEBOOK U-TURN OVER DATA SHARING di Emma Barnett, da The Daily Telegraph. Facebook ha disabilitato una nuova funzione che avrebbe consentito agli sviluppatori di applicazioni esterne di accedere ai dati personali degli utenti.

DOES CONTRACEPTION COUNT AS PREVENTION? di Sharon Lerner, da The Nation. Negli Stati Uniti continua il dibattito politico per stabilire se la contraccezione dovrebbe essere considerata prevenzione e dunque inserita nelle nuove assicurazioni sanitarie pubbliche.

DID A U. S. GOVERNMENT LAB HELP ISRAEL DEVELOPING STUXNET? di Kim Zetter, da Wired. Un laboratorio del governo americano potrebbe aver aiutato Israele a sviluppare un virus informatico, poi utilizzato dallo stato ebraico per attaccare il programma nucleare iraniano.

DEEPER INTO FATHOMLESS AFGHANISTAN di Michael Kamber, da The New York Times. Osservando l'Afghanistan dall'interno si può scoprire che la situazione politica e sociale è molto più complessa di quanto possa sembrare.

FORD, GM AND CHRYSLER: NOT DEAD YET da The Economist. Sembra che il settore automobilistico statunitense sia in fase di ripresa e, tra le grandi case di produzione, spicca la Chrysler guidata dall'italiano Marchionne.

TWITTER SEEKING MORE ROOM, S. F. TRIES TO KEEP IT di Benny Evangelista, dal San Francisco Chronicle. Il social network Twitter sta pensando di lasciare San Francisco per cercare locali più ampi per i suoi uffici, ma l'amministrazione comunale farà ogni sforzo per evitarlo.

SPIKE IN GLOBAL FOOD PRICES CONTRIBUTES TO TUNISIAN VIOLENCE di Ariana Eunjung Cha, da The Washington Post. I recenti sconvolgimenti politici verificatisi in Tunisia sono almeno in parte da attribuirsi al picco dei prezzi dei generi alimentari, che riguarda però tutti i paesi del mondo.

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martedì 18 gennaio 2011

Riunione settimanale

Stasera, come tutti i martedì, ci ritroveremo nella sede di via Borsieri 12 (MM2 Garibaldi) a Milano, dalle 20:30 alle 22:00 circa, per la consueta riunione settimanale dell'associazione. Parleremo della Veglia per la Verità sulla guerra in Iraq che organizzeremo a Milano. All'ordine del giorno anche la presentazione della Lista Bonino-Pannella alle elezioni comunali. La riunione è aperta alla partecipazione di tutti, iscritti e non.

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lunedì 17 gennaio 2011

Io amo invece...

Di Marco Pannella.
Da Underground: a pugno chiuso!

Io amo invece gli obiettori, i fuorilegge del matrimonio, i capelloni sottoproletari amfetaminizzati, i cecoslovacchi della primavera, i non violenti, i libertari, i veri credenti, le femministe, gli omosessuali, i borghesi come me, la gente con il suo intelligente qualunquismo e la sua triste disperazione. Amo speranze antiche, come la donna e l'uomo; ideali politici vecchi quanto il secolo dei lumi, la rivoluzione borghese, i canti anarchici e il pensiero della Destra storica. Sono contro ogni bomba, ogni esercito, ogni fucile, ogni ragione di rafforzamento, anche solo contingente, dello Stato di qualsiasi tipo, contro ogni sacrificio, morte o assassinio, soprattutto se «rivoluzionario». Credo alla parola che si ascolta e che si dice, ai racconti che ci si fa in cucina, a letto, per le strade, al lavoro, quando si vuol essere onesti ed esser davvero capiti, più che ai saggi o alle invettive, ai testi più o meno sacri ed alle ideologie. Credo sopra ad ogni altra cosa al dialogo, e non solo a quello «spirituale»: alle carezze, agli amplessi, alla conoscenza come a fatti non necessariamente d'evasiono o individualistici - e tanto più «privati» mi appaiono, tanto più pubblici e politici, quali sono, m'ingegno che siano riconosciuti. Ma non è questa l'occasione buona per spiegare ai tuoi lettori cosa sia il Partito Radicale.

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domenica 16 gennaio 2011

Stasera parliamo di elezioni comunali. Con Marco Cappato

L'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora e l'Associazione Enzo Tortora - Radicali Milano organizzano un incontro pubblico per parlare delle elezioni comunali che si terranno a Milano in primavera. Partecipa Marco Cappato, segretario dell'Associazione Luca Coscioni. L'incontro è aperto a tutti, iscritti e non.

Domani, lunedì 17 gennaio, Emma Bonino e Marco Cappato incontreranno il candidato del centro-sinistra Giuliano Pisapia per parlare del ruolo che i radicali potrebbero avere all'interno della coalizione che lo sostiene. Seguirà, alle ore 15:30, una conferenza stampa presso la Sala Marra di Palazzo Marino.

(Per ripercorrere il dibattito sulle amministrative che si è sviluppato nei giorni scorsi su questo blog, il tag è Comunali 2011).

Appuntamento domenica 16 gennaio alle ore 18, presso la sede dell'Associazione Enzo Tortora - Radicali Milano in via Malachia Marchesi De Taddei 10 a Milano (MM1 De Angeli).

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sabato 15 gennaio 2011

NO ai Radicali a rimorchio del PD

Pubblichiamo un testo redatto da quattro membri del comitato nazionale di Radicali Italiani. Chi lo desiderasse può sottoscrivere questo testo attraverso il sito Firmiamo.it, a questo link: http://www.firmiamo.it/no-ai-radicali-a-rimorchio-del-pd.

Di Annalisa Chirico, Lorenzo Lipparini, Fabio Pazzini e Salvatore Grizzanti.

Nel corso della direzione del PD il segretario Bersani ha preso una posizione chiara e netta a favore del sistema elettorale a doppio turno con quota proporzionale. Dopo un lungo tergiversare, almeno stavolta una posizione chiara è stata presa. Peccato, però, che sconfessi la linea del precedente segretario Walter Veltroni, togliendo sostanza all'adesione di alcuni autorevoli esponenti democratici, a partire da Pietro Ichino, alla Lega per l'Uninominale promossa dai radicali.
Insomma, pareva che una strada di comune dialogo ci fosse. E invece spuff… volata al vento. Il problema che ci preme sottolineare, però, non è questo, ma la nostra risposta.
Noi non siamo un movimento che si batte per la legalità interna del PD. Anzi, in questo caso, l'uso della parola legalità ci pare anche inopportuno dato che parliamo della determinazione di una linea politica da parte di un segretario legittimamente scelto in base alle regole del PD. Non vi sono di mezzo le carceri fuorilegge né gli obblighi del servizio pubblico RAI. E al di là di questo, pensiamo che alla legalità interna del PD ci debbano pensare gli elettori del PD, se vogliono. Vero è che nel 2008 fummo anche noi a votare quella sigla, dove figuravano candidati nove compagni radicali, e ben ricordiamo che ai dipietristi fu invece concesso di presentare il proprio simbolo. Ora, però, dopo mesi di non collaborazione e non interlocuzione, dopo reiterate pratiche antiradicali, alla luce di queste ultime ritrattazioni, ci pare giunto il momento di dire che di fronte ai perduranti inadempimenti da parte “democratica” noi ci riteniamo sciolti da qualunque accordo.

Un dialogo (vero) lo riprendiamo, sì, con il PD e con tutto l'arco costituzionale. In sintonia con la nostra storia. Con chi ci sta, su obiettivi concreti come quello dell'uninominale maggioritario.
Non siamo la coscienza buona del PD. Siamo un partito. E facciamo battaglie politiche.

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venerdì 14 gennaio 2011

16/01: Incontro pubblico sulle amministrative a Milano. Con Marco Cappato

Domenica scorsa, durante l'ultima giornata di lavori del comitato nazionale di Radicali Italiani, Marco Pannella ci ha suggerito di partecipare alle elezioni comunali di Milano con una lista radicale a sostegno del candidato del centro-sinistra Giuliano Pisapia. Molti hanno commentato questa proposta in rete, sia sui social network sia su questo stesso blog (Fabio Pazzini, Pisapia: perché i due Marchi sbagliano; Lorenzo Lipparini, I Radicali e le elezioni comunali a Milano; Marco del Ciello, Una lista radicale a Milano? Meglio di no). Per proseguire il dibattito anche fuori dalla rete, l'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora e l'Associazione Enzo Tortora - Radicali Milano organizzano un incontro pubblico per parlare delle amministrative a Milano. La partecipazione è come sempre aperta a tutti, iscritti e non. Sarà presente anche Marco Cappato, segretario dell'Associazione Luca Coscioni.

Appuntamento domenica 16 gennaio alle ore 18, presso la sede dell'Associazione Enzo Tortora - Radicali Milano in via Malachia Marchesi De Taddei 10 a Milano (MM1 De Angeli).

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giovedì 13 gennaio 2011

Una lista radicale a Milano? Meglio di no

Gli interventi di Fabio Pazzini (Pisapia: perché i due Marchi sbagliano) e Lorenzo Lipparini (I Radicali e le elezioni comunali a Milano) mi hanno sollecitato a riflettere sull'ipotesi di una lista radicale alle prossime elezioni comunali di Milano. Preciso che, pur essendo il curatore di questo blog, le mie opinioni non riflettono in alcun modo la posizione ufficiale dell'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora.

Di Marco del Ciello.

Premessa: i radicali non sono mai stati schiavi dell'abitudine. Quando ci siamo presentati alle elezioni amministrative, lo abbiamo fatto non per conformarci agli stanchi riti della partitocrazia, ma perché avevamo qualcosa da dire, qualcosa che nessun altro poteva o voleva dire. Prima di decidere alleati e candidati, sarebbe perciò opportuno chiederci se una lista radicale alle comunali di Milano rappresenterebbe uno strumento efficace di lotta. Se guardiamo agli ultimi cinque anni, vediamo che, tutte le volte che abbiamo avuto proposte di governo per il Comune, abbiamo trovato con grande facilità consiglieri comunali (specialmente tra i compagni del Partito Democratico, ma non solo) che si facessero promotori a Palazzo Marino delle nostre iniziative: anagrafe pubblica degli eletti, registro dei testamenti biologici, registro delle unioni di fatto, diritti umani in Tibet e Iran. Se la maggior parte di queste proposte sono state poi bocciate, non è da imputarsi all'assenza di un consigliere radicale, ma a un'amministrazione ottusa e reazionaria. Per fare il salto di qualità, servirebbe dunque non un un consigliere, ma addirittura un sindaco radicale. Non mi pare però che questa opzione sia oggi tra quelle in discussione, a meno di voler considerare radicali Pisapia e Croci.

Più in generale, nel corso degli ultimi mesi ci siamo dedicati prevalentemente a due grandi temi: il rispetto delle regole nel processo elettorale, da un lato, e l'ambiente e la mobilità sostenibile dall'altro. Una lista elettorale dovrebbe perciò essere la continuazione di almeno uno di questi due filoni, che altrimenti rischiano di essere accantonati senza che sia stato ancora raggiunto nessun risultato concreto. Nel primo caso, però, abbiamo già scelto di procedere attraverso i ricorsi giudiziari e, comunque, sarebbe bizzarro costruire una lista contro De Corato (sindaco de facto, anche se non de iure) quando l'obiettivo della nostra campagna è Formigoni. Due personaggi tutt'altro che sovrapponibili, almeno per chi conosce le dinamiche della politica lombarda. Meglio sarebbe tenerci liberi dall'impegno elettorale per poter esercitare più efficacemente quella funzione di sentinelle della legalità che già abbiamo svolto durante e dopo le regionali.

Per quanto riguarda inevece il secondo fronte, abbiamo scelto fin da subito di utilizzare strumenti di democrazia diretta, catalizzando intorno al comitato Milano Sì Muove un ampio ed eterogeneo movimento d'opinione. In questo caso una lista elettorale sarebbe complementare al mezzo referendario, ma abbiamo già l'impegno di Enrico Fedrighini (uno dei promotori dei referendum) e dei Verdi a stilare un programma elettorale incentrato proprio sui cinque quesiti referendari. La nostra lista sarebbe dunque un'inutile doppione che avrebbe solo l'effetto di confondere e allontanare gli elettori. Meglio allora fornire il nostro supporto alla lista dei Verdi oppure dedicare le nostre poche risorse a ottenere l'effettivo svolgimento della consultazione referendaria. Un risultato tutt'altro che acquisito date le condizioni di illegalità che caratterizzano le istituzioni del nostro Paese e che noi ben conosciamo.

In conclusione, non credo che questa volta valga la pena di sedersi al tavolo dei bari per giocare la partita delle elezioni. Meglio proseguire le nostre lotte con altri strumenti.

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mercoledì 12 gennaio 2011

I Radicali e le elezioni comunali a Milano

Dopo Fabio Pazzini (leggi il suo intervento), anche Lorenzo Lipparini ha espresso sul suo blog personale un'opinione sulle prossime elezioni comunali a Milano.

Di Lorenzo Lipparini.
Da Lorenzo Lipparini.

Le attività radicali a Milano sono state, dalle scorse elezioni, di stampo costantemente alternativo alla compagine morattiana, la cui cultura e i cui provvedimenti non hanno nulla di liberale ma molto di
reazionario.

Nel 2006, in coalizione con i partiti di sinistra, abbiamo vissuto l'ennesima esperienza fallimentare in compagnia del PD, insieme ai socialisti della Rosa nel pugno. Non è piaciuto il candidato, non è passato il programma, abbiamo perso persino molti dei voti che pochi mesi prima avevamo raccolto alle elezioni politiche. Da quel momento i rapporti con la sinistra milanese sono congelati.

Oggi la situazione è parzialmente differente, perchè Pisapia rappresenta un competitore forte e credibile per contrastare la Moratti se non rimarrà affogato, come purtroppo è prevedibile, dalle burocrazie e dallo spezzettamento della sua compagine.

Noi dobbiamo valutare quale sia il nostro contributo allo scenario e come massimizzare il nostro tornaconto.

Partecipare soli alle elezioni sarebbe un percorso tutto identitario che si risolverebbe in modo marginale alla competizione, con risultati simili a quelli delle ultime regionali. A differenza delle europee o forse, ancora, delle nazionali, non abbiamo una credibilità locale sufficiente a definirci, in solitudine, alternativa.

Gli investimenti fatti per aggregare una potenziale coalizione sulla base di tematiche pragmatiche e condivise che rappresentassero un progetto per la città nascono dall'esperienza referendaria.
L'occasione è tale che nei mesi passati si è parlato di progetto pilota da replicare in sede nazionale, un'unione laica delle forze.
Alcuni partner referendari si sono già tirati indietro, ma una terza coalizione è pressochè scontata. Se dovesse essere circoscritta ai temi ambientali, alla mobilità e a politiche laiche per la città, la nostra non partecipazione (in una lista civica o con un nostro simbolo) sarebbe una rinuncia rispetto a quanto fatto finora.
L'elettorato radicale milanese non è morattiano, ma non guarda nemmeno a questa sinistra. Avremmo la possibilità di esprimere la nostra particolarità, sentendoci liberi in caso di secodo turno non solo di dialogare, ma anche di determinare quell'apporto liberale per determinare il cambiamento dello status quo.

Col nostro sfilamento da questo progetto, il "terzo polo" sarebbe sempre meno referendario, rischiando di diventare il banco di prova milanese del gruppo moderato di Casini Fini e Rutelli, ormai avviato verso scenari che hanno poco di innovativo.

Una lista radicale nella compagine di Pisapia, a meno di aggregare referendari verdi e liberali di sinistra, rischierebbe di avere come unico propulsore la garanzia della nostra diversità rispetto al regime, resa debole dai compagni di strada, che già si contenderanno i temi laici e dai quali dovremo cercare di differenziarci parlando di economia e legalità, rivolgendoci a destra, e cercando di battere la diffidenza per una coalizione alla quale siamo stati spesso in polemica (sulle firme per le regionali, per citare un esempio locale) e così poco attrattiva per molti. Abbiamo la forza di rappresentare un certificato di garanzia liberale a vantaggio di Pisapia non rimanedo inghiottiti?

In tutto questo l'investimento referendario, tra la mancata nomina del collegio dei garanti, passaggio fondamentale per l'indizione della consultazione, e promotori ormai impegnati in esperienze differenti, rischia di passare in secondo piano, con l'interesse ormai diffuso a lasciar scivolare l'appuntamento a dopo le comunali.

Di questo servirebbe discutere, ancora prima che trovarsi a commentare le indicazioni suggerite in altra sede.

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Ricordo di Roberto Miglio

Di Giuseppe Manzionna.

Vorrei, che anche in questo blog, ci fosse un ricordo di Roberto Miglio che sicuramente alcuni iscritti di quest’associazione, non più giovanissimi, ricorderanno come uno dei radicali storici milanesi. Roberto Miglio è scomparso domenica scorsa a soli 60 anni per un infarto. Roberto dopo aver militato tra i radicali milanesi, nelle battaglie sul divorzio, sull’aborto e per i referendum contro il regime negli anni ‘70-‘80-‘90 divenne in seguito, all’interno del corpo dei vigili urbani un combattivo sindacalista. In questa sua nuova veste, credo che il suo essere radicale, lo ha sempre coerentemente accompagnato anche nelle azioni sindacali. Come sindacalista “radicale” è stato stimato e apprezzato da amici ed avversari, come del resto hanno testimoniato le tantissime persone presenti oggi alla sua cerimonia funebre.

Ciao Roberto, ricordo la tua tranquillità nell’affrontare i problemi organizzativi nelle lotte radicali, sempre sorridente aiutando tutti a non demordere.

Ciao Roberto mi spiace solo di averti perso di vista in questi ultimi anni, rimarrai in ogni caso presente nel mio ricordo con affetto e con nostalgia per una stagione radicale bella, intensa ed unica che, in parte, ho avuto il piacere di vivere anche con te.

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Stampa senza regime. Notizie dal mondo libero (6/1 - 12/1)

A cura di Marco del Ciello.

TUNISIA'S BITTER CYBERWAR di Yasmine Ryan, da Al Jazeera English. I tunisini sono scesi in piazza spinti dalla crisi economica, ma anche per chiedere una maggiore libertà di espressione e la fine della censura governativa su Internet.

NEMTSOV IN PRISON. FROZEN OUT da The Economist. Il leader liberale Boris Nemtsov è stato arrestato in modo illegale durante un raduno a Mosca a favore della libertà di manifestazione, ma i governi europei non sono intervenuti in sua difesa.

RECORD HIGH FOOD PRICES STOKE FEARS FOR ECONOMY di Neil Fullick e Peter Apps, da Reuters. L'aumento dei prezzi alimentari solleva preoccupazioni per l'economia globale, soprattutto a causa dell'effetto che può avere sull'inflazione e sui consumi interni in Asia.

NICK CLEGG PUSHES TO EXTEND FREEDOM OF INFORMATION LAWS, da The Guardian. Nick Clegg, leader dei Liberaldemocratici, vuole ampliare il novero degli organismi pubblici che devono pubblicare in rete i loro atti e anche ridurre la durata del segreto di Stato da trenta a vent'anni.

PA. REPUBLICAN WOULD DENY CITIZENSHIP TO ILLEGALS' KIDS di Julie Shaw, da The Philadelphia Inquirer. Un membro del parlamento della Pennsylvania ha proposto di non concedere più la cittadinanza ai figli degli immigrati clandestini nati sul suolo americano.

HOPE AND DISMAY ABOUT HAITI'S FUTURE di Ian Vasquez, da Cato at Liberty. La ricostruzione di Haiti dopo il terremoto si sta svolgendo attraverso politiche stataliste che non promuovono la libera iniziativa economica e il commercio.

ADDING ISLAM TO A LATINO IDENTITY di James Estrin, da The New York Times. Negli Stati Uniti sempre più latinoamericani si stanno convertendo all'Islam, affascinati dalla semplicità e dalla praticità di questa religione.

EDWIN LEE WOULD BE MAJOR CONTRAST TO GAVIN NEWSOM di John Coté e John Wildermuth, dal San Francisco Chronicle. Edwin Lee si appresta a diventare il primo sindaco asiatico di una grande città americana, San Francisco, ma non è questo l'unico elemento a distinguerlo dal suo predecessore.

FILI-BUSTING da Dissent. L'abuso, da parte dell'opposizione repubblicana, del regolamento del Senato per fare ostruzionismo sta paralizzando il lavoro della camera alta statunitense e rende sempre più urgente una riforma delle regole.

WIKILEAKS' ASSANGE THREATENED LAWSUIT OVER LEAKED DIPLOMATIC CABLES di Kim Zetter, da Wired. Julian Assange sarebbe sul punto di intentare una causa al quotidiano britannico The Guardian per aver pubblicato alcuni cablogrammi senza il suo consenso.

PORTUGAL? O NAO! di Paul Krugman, da The New York Times. Sembra che il Portogallo sarà il prossimo paese europeo a capitolare, ma a differenza di Grecia, Spagna e Irlanda le cause della crisi sono molto meno chiare.

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martedì 11 gennaio 2011

La versione di Pazzini. Pisapia: perché i due Marchi sbagliano

Inauguriamo oggi una nuova rubrica di opinione a cura di Fabio Pazzini, membro del comitato nazionale di Radicali Italiani: 'La versione di Pazzini'.

Di Fabio Pazzini.

Si stanno avvicinando le elezioni amministrative milanesi ed anche i Radicali hanno deciso di scendere in campo.

Però sia Marco Cappato che Marco Pannella (in conclusione dei lavori del Comitato Nazionale di Radicali Italiani) hanno espressamente caldeggiato (un eufemismo?) la presenza di una lista radicale nella compagine che appoggerà la candidatura Pisapia a sindaco. Il tutto in contrasto col progetto di “terza via” Croci che nasce dall’esperienza referendaria e di coinvolgimento dei cittadini col mezzo della democrazia diretta, tanto cara ai Radicali.

Alcune (che in gran parte posso solo immaginare, perché inespresse) motivazioni politiche non le condivido; altre le ritengo profondamente sbagliate; una non l’ho capita proprio, pur avendola prima ascoltata da Pannella o poi chiesto a Cappato di rispiegarmela.

1) Pisapia è un garantista. Sicuramente e lo ha dimostrato negli anni anche attraverso la sua attività parlamentare. Ma anche il federalismo più spinto non prevede che i comuni si occupino di riforma (e gestione) della giustizia, quindi questa positività ha solo un valore evocativo, ma di nessuna incidenza rispetto all’attività di sindaco;

2) Pisapia è espressione della sinistra e quindi anche del PD al quale siamo legati (sic!) da un accordo nazionale. Come dimostrato in questi anni il rapporto col PD è stato assolutamente fallimentare su tutti i fronti; in realtà ogni volta che si porta questo tipo di critica, nessun fautore del tafazzismo radicale è in grado di portare ad esempio un solo risultato positivo;

3) Pisapia è l’unica alternativa vincente alla Moratti. È probabile che Pisapia e la sua coalizione raggiungano il secondo posto, ma Milano oltre ad essere una città laica, è anche caratterizzata da un’alta attenzione ai contenuti economici del programma presentato e tutti i candidati alle primarie (non si ha ancora notizia del programma definitivo) hanno espresso più volte la volontà di ripubblicizzare aziende di servizio pubblico e annunciato politiche di spesa che significano solo aumento dell'inefficienza (se non dello spreco e della clientela) e aumento delle tasse comunali. Dubito che questa linea possa piacere alla maggioranza dei milanesi; (più in generale, proprio questa mattina Pisapia ha ribadito il suo appoggio alla FIOM su Mirafiori, rendendo ancora più esplicita la sua visione della situazione economica del Paese);

4) Moratti è espressione del sistema formigoniano, che Pisapia contrasterebbe. Questo è sicuramente vero per la prima parte. Sulla seconda mi sento di esprimere fondatissimi dubbi. Non solo i maggiori partiti della coalizione pro-Pisapia (PD e SeL), attraverso la Lega Coop sono secondi azionisti del sistema formigoniano, ma anche nelle semplici affermazioni politiche si guardano bene, ad esempio, da attaccare il suddetto sistema evitando di parlare di sanità a livello regionale o di Expo a livello milanese;

5) Croci, se al secondo turno dovesse scegliere tra Moratti e Pisapia, opterebbe sicuramente per la prima. Questa è un'affermazione tutta da provare. Innanzitutto se anche noi fossimo della coalizione non potrebbe non tener conto delle nostre indicazioni. Poi sarebbe assurdo, come trapela da questa affermazioni, pretendere da Croci, ma anche dai Radicali, di scegliere sin da ora l'opzione Pisapia: in base a che cosa? L'eventuale scelta tra l'una e l’altro (esiste comunque anche la possibilità di non scelta) dovrebbe essere fatta in base al grado di accoglimento delle nostre proposte programmatiche;

6) Croci potrebbe aprire la sua coalizione a FLI e UDC. Sinceramente questo è un non problema. Per quanto riguarda FLI bisogna comunque ricordare che i pochi rappresentanti milanesi sono di matrice liberale e che Della Vedova è politicamente milanese d’adozione, inoltre FLI sia a livello locale che a livello nazionale in più occasioni si è espressa contro il sistema di potere ciellino. Per quanto riguarda l’UDC, il suo potenziale elettorale a Milano è decisamente inferiore a quello Radicale, quindi il resto della coalizione non avrebbe difficoltà a scegliere a chi imporre paletti da non travalicare, come ad esempio il registro dei testamenti biologici (senza considerare il fatto che i Radicali/Cappato sono complementari al progetto Croci, mentre l'UDC sarebbe solo un'aggiunta non determinante);

7) Il nostro elettorato attuale non ci seguirebbe in una coalizione Croci allargata. E quale sarebbe il nostro elettorato attuale? Quello che ha insultato Pannella e i Radicali durante il tentativo di dialogo col potere berlusconiano? Quello che non distingue tra il dialogare sulle necessità del Paese e la contrattazione di cadreghe? Quello che guarda al miope giorno per giorno senza una visione globale e a lungo termine? A Milano (ma anche nel resto d’Italia) il nostro elettorato è quello sinceramente liberale che ci ha abbandonato da quando diamo almeno l’impressione di essere diventati succubi del PD. È questo che dobbiamo cercare e recuperare se vogliamo sperare di ottenere un risultato positivo;

8) Croci ne guadagnerebbe elettoralmente da una nostra collocazione con Pisapia. Questa stento a capirla. A meno che non si voglia intendere che il nostro elettorato voterebbe la lista di Croci e non la nostra.
Inoltre mi sembra ben poca cosa il fatto che la condizione principe della nostra partecipazione alla coalizione sia che Pisapia accetti il fatto che i Radicali continuino ad affermare la propria analisi sulla legalità ed in particolare che i Radicali possano continuare la battaglia contro il sistema Formigoni. Questa non è una condizione: se i Radicali dovessero rinunciare a questo non sarebbero più Radicali.

Infine accenno solamente ad alcune positività della partecipazione alla coalizione Croci. Innanzitutto voglio ricordare che questa nasce dall'esperienza referendaria milanese che ha permesso di coinvolgere buona parte della cittadinanza su una visione nuova, positiva e sostenibile della vivibilità e dello sviluppo di Milano. Metodo che se continuato ci permetterebbe di imporre un nuovo modo di gestire anche l’ente locale. Poi questa coalizione è indenne da complicità col sistema Compagnia delle Opere/Lega Coop. E per ultimo potrebbe rappresentare una contagiosa positività per il resto del Paese. (Senza considerare il fondamentale e scontato fattore che il programma sarebbe costruito con la nostra determinante collaborazione).

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Riunione settimanale annullata

Stasera la consueta riunione settimanale del martedì non si svolgerà a causa della contemporanea assenza sia del segretario Marco Di Salvo sia del tesoriere Emiliano Silvestri, oltre che di altri militanti dell'associazione. Ci ritroveremo nuovamente in via Borsieri 12 martedì prossimo, 18 gennaio.

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venerdì 7 gennaio 2011

Il welfare liberale secondo Milton Friedman

Di Milton Friedman.
Da Capitalismo e Libertà.

Due cose sembrano comunque chiare. Prima di tutto, se l'obiettivo è quello dell'alleviamento della povertà, noi dobbiamo dar vita a un programma inteso ad assistere i poveri. È perfettamente ragionevole aiutare il povero che sia, per esempio, un coltivatore, non perché egli è un coltivatore, ma semplicemente perché è povero. Il programma, cioè, dovrebbe essere diretto ad assistere i singoli in quanto tali e non come membri di un dato gruppo professionale o di un dato gruppo di età o di un dato gruppo di livello salariale o di date industrie od organizzazioni sindacali. Questo è un difetto dei programmi di sostegno all'agricoltura, dell'assistenza generale alla vecchiaia, delle leggi sui minimi salariali, della legislazione a favore dei sindacati, dei dazi doganali, del sistema delle licenze all'esercizio del mestiere e della professione, e così via in una interminabile sequenza. In secondo luogo, nella misura del possibile, il programma dovrebbe operare attraverso il mercato, senza distorcere il mercato stesso o impedire il suo funzionamento. Questo è il difetto tipico dei programmi di sostegno dei prezzi, delle leggi sui minimi salariali, dei dazi doganali e simili.
Il congegno che meglio di altri sembra giustificato sotto il profilo puramente tecnico è quello di un'imposta negativa sul reddito.

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mercoledì 5 gennaio 2011

Stampa senza regime. Notizie dal mondo libero (30/12 - 5/1)

A cura di Marco del Ciello.

ACTIVISTS IN NEPAL MAKE INROADS AGAINST SERVITUDE FOR GIRLS di Mark Magnier, dal Los Angeles Times. In Nepal le bambine di etnia Tharu sono ancora oggi vittime della schiavitù, a causa dell'estrema povertà delle loro famiglie, ma alcune ong americane stanno ottenendo buoni risultati nel contrastare questo fenomeno.

FORMER PRESIDENT MOSHE KATSAV GUILTY OF RAPE AND SEXUAL ASSAULT di Tomer Zarchin e Ofra Edelman, da Haaretz. L'ex presidente israeliano Moshe Katsav è stato riconosciuto colpevole di stupro e violenza sessuale ai danni di due funzionarie statali, mentre è stato assolto dall'accusa di aver molestato una testimone.

SLOVAKIA AND THE EURO. BRATISLAVA'S PLAN B da The Economist. Il governo slovacco non sembra disponibile a contribuire al salvataggio della Grecia e anzi alcuni ministri richiamano Bruxelles e Berlino al rispetto delle regole dell'eurozona.

RUSSIAN TYCOON KHODORKOVSKY SENTENCED TO 14 YEARS, SIGNALING PUTIN HARD LINE di Kathy Lally, da The Washington Post. La nuova condanna che ha colpito l'ex magnate del petrolio russo, oggi dissidente, Mikhail Khodorkhovsky è il segno della volontà di Putin di usare il pugno di ferro con gli oppositori interni.

GREEN NEW YEAR'S RESOLUTIONS (AND HOW TO MAKE 'EM STICK) di Cameron Scott, dal San Francisco Chronicle. Ciascuno di noi può intraprendere alcune semplici azioni per ridurre l'inquinamento. Ecco alcuni 'buoni propositi' per un nuovo anno verde e anche qualche trucco per riuscire a rispettarli.

CANNABIS CLUBS PLUG A GAP IN SPANISH DRUGS LAWS di Giles Tremlett, da The Guardian. In Spagna alcuni attivisti stanno sfruttando una falla nella legislazione proibizionista del paese per aprire club privati dove è possibile consumare i derivati della cannabis in modo sicuro e legale.

VAT RISE IS WRONG TAX AT WRONG TIME, SAYS ED MILIBAND di Christopher Hope, da The Daily Telegraph. Il nuovo segretario del Labour Party Ed Miliband ha duramente attaccato il governo di coalizione tra Conservatori e Liberaldemocratici per la decisione di portare l'IVA dal 17 al 20%, una decisione che ridurrà il potere d'acquisto dei consumatori.

CHINA-RUSSIA OIL PIPELINE OPENS, da Al Jazeera English. La Russia, principale esportatore mondiale di petrolio, sta completando un nuovo oleodotto che le consentirà di raddoppiare le sue esportazioni verso la Cina.

THE MANCHURIAN CANDIDATE di McKay Coppins, da Newsweek. Il repubblicano Jon Huntsman è attualmente ambasciatore degli Stati Uniti in Cina, nominato da Obama, ma nel 2012 potrebbe sfidare il suo attuale 'capo' alle presidenziali.

CHINA QUIETLY EXTENDS FOOTPRINTS INTO CENTRAL ASIA di Edward Wong, da The New York Times. La Cina si sta espandendo, attraverso investimenti e migrazioni, nelle repubbliche ex sovietiche dell'Asia centrale, inaugurando una moderna versione del 'Grande Gioco'.

THREE DECADES OF A JOKE THAT JUST WON'T DIE. EGYPTIAN HUMOR GOES WHERE ITS POLITICS CANNOT di Issandr El Amrani, da Foreign Policy. In Egitto la satira politica ha sempre prosperato, anche sotto regimi autoritari e occupazioni straniere, e il presidente Mubarak è il bersaglio preferito degli umoristi.

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martedì 4 gennaio 2011

Cena sociale

Stasera, invece della consueta riunione settimanale del martedì, ci ritroveremo sempre a Milano per mangiare una pizza tutti insieme e parlare delle inziative politiche del nuovo anno. Le riunioni riprenderanno invece con cadenza regolare a partire dal prossimo martedì, 11 gennaio. La cena è naturalmente aperta alla partecipazione di tutti, iscritti e non.

Appuntamento martedì 4 gennaio alle ore 20:30, presso la pizzeria "The Kitchen" in via Scarlatti 7 (angolo via Tadino, MM1 Lima).

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lunedì 3 gennaio 2011

Capitali americani. Una strada pericolosa

Di Ernesto Rossi.
Da Il Mondo del 2 marzo 1954.

In questi ultimi tempi, si è ripreso a discutere sui sistemi migliori per rendere possibile un maggiore afflusso in Europa di capitali privati americani. Non volendo dare altri aiuti ai governi europei, al di fuori di quelli previsti per gli armamenti, e non riuscendo a vincere le resistenze che incontra ogni proposta di ridurre la protezione doganale, per consentire agli europei di procurarsi i dollari, di cui hanno bisogno, vendendo una quantità maggiore di merci agli Stati Uniti, il governo di Washington da diversi mesi cerca di spingere su questa strada; per ora, però, con scarsissimi risultati. I banchieri americani non si fidano: la situazione politica nel nostro continente non è affatto tranquilla, in confronto ai pericoli di espropriazioni, convulsioni sociali, rivoluzioni e guerre, ed i governi europei, volendo mantenere il controllo sui cambi, non sono disposti a dare ai capitalisti americani garanzie sufficienti di poter, in qualsiasi momento, quando lo desiderino, trasformare in dollari e ritirare in America i dividendi, gli interessi, ed anche i loro capitali.
Sul Corriere della Sera del 18 febbraio scorso è comparso un ottimo articolo, in cui il prof. Bresciani Turroni, con la consueta chiarezza, ha spiegato quali vantaggi possono ritrarre i paesi poveri dall'afflusso di capitali dei paesi più ricchi. In genere si può dire che, aumentando le disponibilità di materie prime e di strumenti tecnici, quest'afflusso accresce le possibilità di impiego della mano d'opera e la produttività del lavoro, sicché la ricchezza dei paesi debitori ne risulta accresciuta, anche quando venga calcolata al netto dai disinvestimenti e dal compenso ai capitalisti stranieri. Basta ricordare quale conributo diede il capitale straniero allo sviluppo dell'economia italiana fino alla prima guerra mondiale per avere la più convincente conferma di questa teoria.
Io, però, ho scarsa fiducia - in un mondo impazzito come il mondo in cui oggi viviamo - l'afflusso di capitali stranieri possa ancora apportare i benefici che dava quando i prestiti e gli scambi internazionali eran conclusi fra privati, guidati esclusivamente dal loro tornaconto, le monete erano senza difficoltà convertibili l'una nelle altre, il gold standard manteneva automaticamente le oscillazioni dei cambi entro i punti dell'oro, e nessun governo si sognava neppure di «congelare» i crediti esteri e di far pagare le esportazioni ai contribuenti per meglio «vendere senza comperare».

A me sembra oggi molto difficile che si possano sopprimere tutte le limitazioni al trasferimento dei profitti dei capitali americani in Italia - come propone Bresciani Turroni - senza contemporaneamente smantellare la intera farraginosa nostra macchina burocratica per il controllo sui cambi. Siamo disposti a questo? Dio lo volesse, ma ma ne dubito assai, e temo che - se mantenessimo ancora in funzione quella macchina - gli investimenti privati americani in Italia costituirebbero una ragione di maggiori difficoltà e di maggiori attriti, invece di condurre ad una più stretta cooperazione economica fra l'America e il nostro paese.
Ed ho anche altri timori più gravi.
Il primo è che il nostro governo, per aumentare l'incentivo agli investimenti americani, conceda delle agevolazioni fiscali che, in pratica, servano soltanto a rendere più facile la evasione dalle imposte ai nostri grandi industriali. Non dovremmo dimenticare, a questo proposito, l'esperienza fatta col decreto 6 dicembre 1937, n. 2375, che aveva pure la stessa giustificazione di voler attirare i capitali stranieri in Italia. I nostro grandi industriali emisero all'estero i titoli delle loro società per farli poi rientrare col beneficio del trattamento fiscale di favore.

«Nei provvedimenti di concessione delle esenzioni fiscali venivano previste sanzioni a carico delle società emittenti di obbligazioni all'estero, nel caso che contravvenissero al divieto di far circolare in Italia i titoli in parola - si legge, a pagina 72, del Rapporto sui problemi monetari della Commissione economica all'Assemblea Costituente (Roma, 1946). - Ma è pure avvenuto che molti cittadini in Italia hanno acquistato queste obbligazioni ed il Fisco non ha potuto prendere alcun provvedimento a carico delle società emittenti, che erano rimaste completamente estranee all'abusivo rientro dei titoli nel paese».

Il secondo timore è che, sempre per aumentare l'incentivo agli investimenti esteri, il nostro governo garantisca direttamente o indirettamente, la loro produttività. In tale caso molto facilmente esso vorrebbe anche scegliere i gruppi industriali che meritano la garanzia, e - come il solito - questa scelta sarebbe poi fatta con criteri politici (cioè per disporre di nuove fonti di finanziamento a vantaggio di certi giornali e di certi partiti e per addomesticare gli oppositori), piuttosto che con criteri economici. In tutti i modi, i risultati di questa politica sarebbero che gli americani si porterebbero via i profitti, se le industrie andassero bene, e scaricherebbero sui contribuenti italiani le perdite, se andassero male. È un gioco in cui si sono già da un pezzo specializzati i nostri capitalisti. Non ci conviene aggiungere agli specialisti nostrani in questa materia gli specialisti stranieri.

Infine c'è da temere che i banchieri americani, seguendo l'esempio dei banchieri italiani, preferiscano, per i loro investimenti, alle industrie sane - che meglio corrispondono alle condizioni ambientali, alla posizione geografica e alle particolari capacità del popolo italiano - le grandi industrie monopolistiche e parassitarie, che, per «ragioni sociali», sono ormai completamente al riparo da ogni rischio di fallimento e che danno maggiore sicurezza di reddito, perché possono sfruttare i consumatori nazionali dietro le trincee della politica autarchica, con gli innumerevoli privilegi loro assicurati dal governo (licenze di importazioni, premi di esportazione, esenzioni tributarie, contributi a carico del Tesoro, consorzi obbligatori, credito di favore, forniture statali a prezzi maggiorati, concessioni di sfruttamento delle acque pubbliche, ecc. ecc.). Se ciò avvenisse, gli investimenti americani in Italia, invece di rafforzare la nostra economia, contribuirebbero a distorcerla da quello che sarebbe il suo naturale sviluppo in regime di libera concorrenza, consoliderebbero ancora di più la posizione degli attuali «baroni» della industria italiana, interessando all'aumento della loro potenza i capitalisti americani, ed accrescerebbero gli ostacoli, che già incontra il faticoso processo di unificazione dei mercati europei nella resistenza dei gruppi parassitari incrostati attorno ai tronchi degli Stati nazionali.
Non vorrei essere frainteso. Con i dubbi e i timori sopra esposti non voglio dire che la strada dei prestiti privati americani sia da rifiutare senz'altro. Intendo solo affermare che non è più una strada piana, sicura, quale era una volta. Se si procedesse senza le necessarie cautele, invece di alleggerire i nostri mali, potremmo anche aggravarli.

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