giovedì 13 gennaio 2011

Una lista radicale a Milano? Meglio di no

Gli interventi di Fabio Pazzini (Pisapia: perché i due Marchi sbagliano) e Lorenzo Lipparini (I Radicali e le elezioni comunali a Milano) mi hanno sollecitato a riflettere sull'ipotesi di una lista radicale alle prossime elezioni comunali di Milano. Preciso che, pur essendo il curatore di questo blog, le mie opinioni non riflettono in alcun modo la posizione ufficiale dell'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora.

Di Marco del Ciello.

Premessa: i radicali non sono mai stati schiavi dell'abitudine. Quando ci siamo presentati alle elezioni amministrative, lo abbiamo fatto non per conformarci agli stanchi riti della partitocrazia, ma perché avevamo qualcosa da dire, qualcosa che nessun altro poteva o voleva dire. Prima di decidere alleati e candidati, sarebbe perciò opportuno chiederci se una lista radicale alle comunali di Milano rappresenterebbe uno strumento efficace di lotta. Se guardiamo agli ultimi cinque anni, vediamo che, tutte le volte che abbiamo avuto proposte di governo per il Comune, abbiamo trovato con grande facilità consiglieri comunali (specialmente tra i compagni del Partito Democratico, ma non solo) che si facessero promotori a Palazzo Marino delle nostre iniziative: anagrafe pubblica degli eletti, registro dei testamenti biologici, registro delle unioni di fatto, diritti umani in Tibet e Iran. Se la maggior parte di queste proposte sono state poi bocciate, non è da imputarsi all'assenza di un consigliere radicale, ma a un'amministrazione ottusa e reazionaria. Per fare il salto di qualità, servirebbe dunque non un un consigliere, ma addirittura un sindaco radicale. Non mi pare però che questa opzione sia oggi tra quelle in discussione, a meno di voler considerare radicali Pisapia e Croci.

Più in generale, nel corso degli ultimi mesi ci siamo dedicati prevalentemente a due grandi temi: il rispetto delle regole nel processo elettorale, da un lato, e l'ambiente e la mobilità sostenibile dall'altro. Una lista elettorale dovrebbe perciò essere la continuazione di almeno uno di questi due filoni, che altrimenti rischiano di essere accantonati senza che sia stato ancora raggiunto nessun risultato concreto. Nel primo caso, però, abbiamo già scelto di procedere attraverso i ricorsi giudiziari e, comunque, sarebbe bizzarro costruire una lista contro De Corato (sindaco de facto, anche se non de iure) quando l'obiettivo della nostra campagna è Formigoni. Due personaggi tutt'altro che sovrapponibili, almeno per chi conosce le dinamiche della politica lombarda. Meglio sarebbe tenerci liberi dall'impegno elettorale per poter esercitare più efficacemente quella funzione di sentinelle della legalità che già abbiamo svolto durante e dopo le regionali.

Per quanto riguarda inevece il secondo fronte, abbiamo scelto fin da subito di utilizzare strumenti di democrazia diretta, catalizzando intorno al comitato Milano Sì Muove un ampio ed eterogeneo movimento d'opinione. In questo caso una lista elettorale sarebbe complementare al mezzo referendario, ma abbiamo già l'impegno di Enrico Fedrighini (uno dei promotori dei referendum) e dei Verdi a stilare un programma elettorale incentrato proprio sui cinque quesiti referendari. La nostra lista sarebbe dunque un'inutile doppione che avrebbe solo l'effetto di confondere e allontanare gli elettori. Meglio allora fornire il nostro supporto alla lista dei Verdi oppure dedicare le nostre poche risorse a ottenere l'effettivo svolgimento della consultazione referendaria. Un risultato tutt'altro che acquisito date le condizioni di illegalità che caratterizzano le istituzioni del nostro Paese e che noi ben conosciamo.

In conclusione, non credo che questa volta valga la pena di sedersi al tavolo dei bari per giocare la partita delle elezioni. Meglio proseguire le nostre lotte con altri strumenti.

www.radicalisenzafissadimora.org

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