Di Diego Mazzola e Marco del Ciello.
Caro Mario,
siamo due militanti dell'Associazione Radicali Senza Fissa Dimora di Milano e ti scriviamo perché siamo rimasti delusi e perplessi, come anche altri nostri compagni, di fronte al volantino predisposto per la Veglia per la Verità sulla guerra in Iraq, tant’è che non lo abbiamo distribuito. Abbiamo preferito farne uno nostro. Non sappiamo chi abbia realizzato questo volantino, ma ci rivolgiamo a te perché occupi una posizione di rilievo all'interno della galassia radicale e perché ci hai già dimostrato una certa sensibilità sui temi della giustizia e delle pene. La nostra delusione e la nostra perplessità nascono dall'immagine che ritrae Tony Blair con le manette ai polsi e dietro le sbarre di una prigione, con un commento fin troppo esplicito: «È qui che deve finire!». Ci sembra infatti che questa immagine contraddica sia lo spirito dell'iniziativa di Marco Pannella (il cui obiettivo non è e non può essere semplicemente infliggere una pena a Tony Blair) sia la nostra convinzione, da abolizionisti, che esista la possibilità d’iniziativa radicale per il superamento del sistema penale.
Se anche l'ex premier britannico fosse privato della sua libertà personale, incatenato e imprigionato, magari condannato pure all'ergastolo, come sembra suggerire il volantino, che beneficio potrebbero trarne le vittime e i parenti delle vittime della guerra in Iraq? Cesserebbe forse lo spargimento di sangue fra il Tigri e l'Eufrate? Non lo crediamo. In una società permeata dalle credenze religiose, com'era ad esempio quella del Medio Evo europeo, individuare un responsabile e infliggergli una sofferenza fisica e morale sembrava essere cosa praticabile per contribuire a ricostruire l'ordine sociale turbato. Secondo noi è lecito dubitare di quei criteri e di quei risultati. Nel vicino Oriente, così come nell'Europa di oggi, vive ormai una società pienamente modernizzata e secolarizzata, per la quale il rito magico del capro espiatorio non può essere ritenuto efficace. Non è più pensabile che un singolo individuo, o un gruppo di individui, assuma su di sé le sofferenze della collettività per liberare gli altri dalla colpa e dal dolore. Quel volantino, invece, sembra accettare la logica dell’occhio per occhio, dente per dente.
Una giustizia che voglia essere laica e nonviolenta deve rifiutare la logica della violenza, e della vendetta che è implicita nella punizione del colpevole, per cercare invece il risarcimento delle vittime e la ricostituzione dell'armonia sociale, attraverso la ricerca ed il riconoscimento della verità e il dialogo. In questa ricerca sbarre e manette servono a poco, se non a soddisfare il sadismo di alcuni, se non a dare loro soddisfazione (e che bella soddisfazione poi, quella di trarre piacere dalla sofferenza altrui). In un paese dove, però, la grandissima parte dei politici continua a ragionare secondo la logica della vendetta e fa appello proprio agli istinti più bassi dei cittadini, è importante che almeno noi radicali manteniamo, al nostro interno e nei rapporti con il mondo, una speciale attenzione e sensibilità al tema della giustizia e delle pene. Non dimentichiamo che siamo prossimi al congresso del Partito Nonviolento Transnazionale Transpartito. Avvertiamo l’esigenza di parlare anche di questi temi.
www.radicalisenzafissadimora.org
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