mercoledì 12 gennaio 2011

I Radicali e le elezioni comunali a Milano

Dopo Fabio Pazzini (leggi il suo intervento), anche Lorenzo Lipparini ha espresso sul suo blog personale un'opinione sulle prossime elezioni comunali a Milano.

Di Lorenzo Lipparini.
Da Lorenzo Lipparini.

Le attività radicali a Milano sono state, dalle scorse elezioni, di stampo costantemente alternativo alla compagine morattiana, la cui cultura e i cui provvedimenti non hanno nulla di liberale ma molto di
reazionario.

Nel 2006, in coalizione con i partiti di sinistra, abbiamo vissuto l'ennesima esperienza fallimentare in compagnia del PD, insieme ai socialisti della Rosa nel pugno. Non è piaciuto il candidato, non è passato il programma, abbiamo perso persino molti dei voti che pochi mesi prima avevamo raccolto alle elezioni politiche. Da quel momento i rapporti con la sinistra milanese sono congelati.

Oggi la situazione è parzialmente differente, perchè Pisapia rappresenta un competitore forte e credibile per contrastare la Moratti se non rimarrà affogato, come purtroppo è prevedibile, dalle burocrazie e dallo spezzettamento della sua compagine.

Noi dobbiamo valutare quale sia il nostro contributo allo scenario e come massimizzare il nostro tornaconto.

Partecipare soli alle elezioni sarebbe un percorso tutto identitario che si risolverebbe in modo marginale alla competizione, con risultati simili a quelli delle ultime regionali. A differenza delle europee o forse, ancora, delle nazionali, non abbiamo una credibilità locale sufficiente a definirci, in solitudine, alternativa.

Gli investimenti fatti per aggregare una potenziale coalizione sulla base di tematiche pragmatiche e condivise che rappresentassero un progetto per la città nascono dall'esperienza referendaria.
L'occasione è tale che nei mesi passati si è parlato di progetto pilota da replicare in sede nazionale, un'unione laica delle forze.
Alcuni partner referendari si sono già tirati indietro, ma una terza coalizione è pressochè scontata. Se dovesse essere circoscritta ai temi ambientali, alla mobilità e a politiche laiche per la città, la nostra non partecipazione (in una lista civica o con un nostro simbolo) sarebbe una rinuncia rispetto a quanto fatto finora.
L'elettorato radicale milanese non è morattiano, ma non guarda nemmeno a questa sinistra. Avremmo la possibilità di esprimere la nostra particolarità, sentendoci liberi in caso di secodo turno non solo di dialogare, ma anche di determinare quell'apporto liberale per determinare il cambiamento dello status quo.

Col nostro sfilamento da questo progetto, il "terzo polo" sarebbe sempre meno referendario, rischiando di diventare il banco di prova milanese del gruppo moderato di Casini Fini e Rutelli, ormai avviato verso scenari che hanno poco di innovativo.

Una lista radicale nella compagine di Pisapia, a meno di aggregare referendari verdi e liberali di sinistra, rischierebbe di avere come unico propulsore la garanzia della nostra diversità rispetto al regime, resa debole dai compagni di strada, che già si contenderanno i temi laici e dai quali dovremo cercare di differenziarci parlando di economia e legalità, rivolgendoci a destra, e cercando di battere la diffidenza per una coalizione alla quale siamo stati spesso in polemica (sulle firme per le regionali, per citare un esempio locale) e così poco attrattiva per molti. Abbiamo la forza di rappresentare un certificato di garanzia liberale a vantaggio di Pisapia non rimanedo inghiottiti?

In tutto questo l'investimento referendario, tra la mancata nomina del collegio dei garanti, passaggio fondamentale per l'indizione della consultazione, e promotori ormai impegnati in esperienze differenti, rischia di passare in secondo piano, con l'interesse ormai diffuso a lasciar scivolare l'appuntamento a dopo le comunali.

Di questo servirebbe discutere, ancora prima che trovarsi a commentare le indicazioni suggerite in altra sede.

www.radicalisenzafissadimora.org

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